giovedì 7 maggio 2015

Le parole scontornate, imperfette, pesanti come cose che permettono al silenzio di filtrare in esse o di circondarle

(...)
E Giovanna non è soltanto l'innamorante compagna di scuola, che " così Giovanna, col suo passo, le sue gambe, la sua nuca, il suo verde e il suo azzurro; così Giovanna", e neppure è la magia d'un nome, ma anche il senso di "una immensa bontà di perdono".
Le parole hanno per Vittorini un'attirante necessità d'imperfezione. Egli le vuole imperfette, scontornate, improprie nel senso di essere aperte all'umano; d'indurre in esse, mutevolmente, l'umano. E al tempo stesso pesanti come cose, da usare come cose, cariche d'una loro potenza affermativa. Risulteranno dunque poche e ripetute col gusto d'una variazione musicale. E dicendo "scontornate", non alludevo a un alone poetico. Tutt'altro. Mi riferivo a una 
non-precisione che permetta al silenzio di filtrare in esse o di circondarle. 
Un silenzio che le renda sospette, che le diffidi, insomma che le rinnovi, togliendole un poco al loro significato originario e alla loro esattezza povera.


Gianna Manzini
Album di ritratti
Vittorini e il Garofano rosso
Mondadori 1964

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