venerdì 11 maggio 2012

Scrivere a mano, copiare le citazioni


È da qualche tempo che scrivo ogni giorno in questo blog. Per il momento ci sono poche riflessioni e moltissime citazioni. Copio dai quaderni delle citazioni che ho accumulato in anni di vita da lettrice vorace, copio dai libri che ho letto e riletto, segnando le pagine con stelle, cerchi, onde e righe. Solo a matita però, forse perché la cancellabilità mi lascia credere che il libro non sia rovinato per sempre. La guida della scelta delle citazioni è sempre una piccola "c" chiusa in un cerchio. Parole che vale la pena rileggere, parole che danno senso a quel libro o a tutta l’opera dello scrittore. Scoperte vecchie e nuove si susseguono senza una sequenza temporale. Copio le mie poesie preferite dei miei poeti preferiti. Copio anche qualche pagina dal mio romanzo e le mie poesie. Nei vecchi quaderni le citazioni sono scritte a mano, magari copiate da qualche foglietto che ho pure conservato. Qualcuno risale a un’epoca in cui non esistevano ancora i post-it. Cosa mi spinge a copiare questi  frammenti? Le risposte per me sono molte. Perché ogni frammento dà senso alla mia ricerca di senso, perché è un modo per rendere omaggio ai poeti, scrittori e pensatori che hanno segnato il mio percorso. Perché leggere una bella citazione sullo scrivere e sui libri mi mette di buon umore, perché mi ricorda la comunità degli scrittori e dei poeti che sono e sono stati, che da un secolo all’altro si parlano attraverso i libri e i loro lettori. Copio questi frammenti perché da bambina quando ho scoperto la vita dei monaci amanuensi sono rimasta folgorata. C’era stato qualcuno che aveva vissuto leggendo i libri e copiandoli. Un doppio atto d’amore per salvare dall’oblio l’opera di un altro essere umano che a sua volta era vissuto nel silenzio e nella concentrazione richiesti dalla scrittura.  Non ho uno scriptorium dove ritirarmi a scrivere, ma il tavolo della cucina è un fedele sostegno da moltissimi anni. Posso continuare quest’opera di copiatura e scrivere i miei libri, sempre a mano la prima stesura, fantasticando della cella monacale che mi ero costruita a otto anni, incastrando un piccolo banco di scuola nell’angolo tra il letto e la finestra.                                                   
La felicità che provo oggi è la stessa di allora.

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