Gli
dèi non hanno figura né volto
se
non quelli che impone un dio,
tessono
incanti coi fili impalpabili
dei
silenzi dove stanno avvolti,
numerosi
come grani di spighe,
chiusi
oltre il tempo da soglie invisibili;
le
albe hanno i loro sorrisi
vasti,
contornati di rose,
le
dita ardenti dei cieli al tramonto
sono
le loro, tinte di porpora.
Nelle
notti danzano lievi
fra
i sentieri, con tocco segreto
versano
torce lunari,
quiete
e lume ai passanti,
hanno
in dono oceani di musiche,
la
visione che libera il canto
e
quando in un battito d’ala
volgono
in fiamma, e sono tremendi,
è
perché un dio lo comanda,
è
perché compiano quel volere.
Ma
noi Titani stiamo raccolti
sotto
un peso di pietra e d’ombra
ribattendo
sulle nostre incudini
una
sostanza che è senza dolcezza,
una
materia che non ha alcun dono,
dura,
inquieta, che agita
tracce
di un’altra vita
dove
ogni cosa appare
folgorata
da una luce semplice
e
riposa nello spazio aperto,
e
matura nello sguardo limpido
che
non preme i confini del mondo
per
esistere, sguardo che accoglie
l’abbraccio
di albe terrestri
e i
profili dei giunchi sfogliati
nel
torpore d’oro-silenzio
di
un’estate, e il gorgo fiammante
che
insanguina i gelsi al crepuscolo,
teatro
di lotte sospese,
e
il blu-argento profondo
germogliante
costellazioni
come
fiaccole sparse
nelle
case scure dei boschi;
ma
il dio non è mai benevolo,
è
il dio implacabile che non concede,
è
il dio chiuso che non sostiene,
è
il dio assente che nega il suo gesto
non
perché non ci ami,
ma
perché a noi spetta conoscere
il
tempo cieco e senza respiro,
lo
spazio che non fiorisce,
e i
nostri passi rincorrono
un
tempo pieno, che libera il tempo,
che
avvolge la terra e il cielo,
il
possibile e l’impossibile
in
un unico, vasto diamante
sfolgorante
di mille facce,
ma
un altro tempo ci inchioda
alla
carne dei nostri corpi,
al
confine dei nostri volti
dove
ogni segno è quel segno,
dove
ogni solco è scavato per sempre...
Un
Titano ha voce di vento,
ma
in segreto ha questa preghiera:
“Gli dèi non hanno figura né volto
se non quelli che impone un dio;
ma, dio che non sei benevolo,
non sostieni, neghi il tuo gesto,
fa’ che nel più nudo istante
gli dèi scendano e scendano
nelle nostre celle notturne,
nei deserti freddi di vento,
fa’ che scendano e scendano
nelle case vuote di sole,
dona loro il volto e la forma
della nostra consolazione”.
Sono lacrime alchemiche quelle che piangi,
lacrime di sale e di mercurio,
trasformano; ma qui sulla terra
non tutto è luce, non tutto è presenza.
Non sai niente della tua pena,
figlia scura del tempo,
e la fiamma che brucia i tuoi occhi è la stessa
che cuoce la pietra, è quella.
Questa è un'altra poesia che amo e ammiro: è tratta dal libro
Idioti nell'ombra di Danilo Bramati,
Idioti nell'ombra di Danilo Bramati,
Il Passo di Efesto - Poesia
Atì Editore 2010
Atì Editore 2010
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