Marie Cardinal non è più molto di moda, non so quanto le ragazze conoscano questa scrittrice che fu importante, quasi quanto Simone De Beauvoir e Virginia Woolf, per le donne in cerca di libertà e identità femminile negli ultimi trenta anni del secolo scorso. Quindi questo è un invito alla lettura per le ragazze del secolo nuovo.
Anche questa voce l'ho scritta per l'Enciclopedia delle donne
«Si
levano i colori, gli odori, le forme; trasformano il paesaggio a tale velocità
che sembra di veder muovere e vibrare la terra. La vita!... Ritmi delle
stagioni, ritmi delle canzoni, ritmi delle parole. Per me vivere altrove,
lontano da quei luoghi è diventato sinonimo di arrancare per guadagnarsi la
vita. Là vivere era vivere; significava abbandonarsi ai ritmi consueti
dell'uomo senza soffrirne, dolersene e gioirne, ma accettandoli per quel che
sono»
Il
Mediterraneo, con i suoi paesaggi indimenticabili, e la psicoanalisi, l’arte
della parola e dell’ascolto, furono i due elementi più importanti della sua
vita.
Era già una scrittrice piuttosto nota in Francia Marie Cardinal quando
scrisse Le parole per dirlo, il libro dove l’amore per la terra natale e la riconoscenza
verso la psicoanalisi, che le aveva salvato la vita, prendono corpo. La
salvezza inizia in un vicolo nel cuore di Parigi, dove c’è lo studio dell’analista.
Qualche anno dopo sarà in un vicolo simile che andrà a trovare l’amica
scrittrice Annie Leclerc con la quale scriverà In altri termini, libro intervista che precisa e
riannoda la storia drammatica del suo romanzo più famoso e di tutta la sua
nuova vita, appassionata di politica e soprattutto di politica delle donne,
perché lei per prima aveva patito la disperazione di non avere parole per
raccontare una vita che la stava uccidendo, il dolore di non avere le parole
per dirlo ma che poi grazie al percorso di analisi freudiana troverà. «La donna
più semplice che racconta la sua giornata con le parole più semplici, più vere,
più vicine alla sua vita, è una donna che fa un discorso rivoluzionario» dirà
all’amica Annie.
La giovane donna incapace di vivere che chiede aiuto all’uomo
piccolo e anonimo che per sette anni le presterà ascolto, viene da una ricca e
antica famiglia di pieds-noir che hanno perso la ricchezza e la posizione sociale con la
guerra di Algeria. Una famiglia alto-borghese macchiata dal divorzio dei
genitori, avvenuto proprio mentre la madre era incinta di Marie. La morte
precoce della primogenita, la tubercolosi del figlio maschio, avevano fatto sì
che con rabbia e orrore la madre si allontanasse da quell’uomo affascinante che
si era fatto da sé e che aveva avventatamente sposato. Presa nelle opere di
carità e di beneficenza, quella donna bellissima fu una madre fredda e
distante. Per arrivare al nodo del loro rapporto occorsero molti anni e il
coraggio di confessare la “carognata”, cioè che la giovane donna in procinto di
divorziare, aveva fatto di tutto per abortire quel bambino non previsto e non
voluto. A Marie adolescente non venne risparmiato nessun sordido particolare.
Quel rifiuto primordiale e la noncuranza nel raccontarlo, la fecero precipitare
in un vortice di rifiuto e di depressione con una forte componente psico-somatica.
Marie sanguinò per anni e anni prima che la nuova consapevolezza di se stessa
permettesse al suo povero corpo di trovare pace e libertà. La pazza, come si
definisce nel romanzo, viveva la maggior parte del proprio tempo in bagno,
seduta tra il bidet e la vasca a guardare le piastrelle o il sangue che
gocciolava ininterrotto dal suo corpo. “La Cosa”, così chiamava la sua nevrosi,
aveva vinto, il cuore batteva all’impazzata e vivere era diventato quasi
impossibile. Nonostante l’amore del marito e i tre figli piccoli cui badare,
Marie sprofondò nel suo male e ne rimase prigioniera. «La Cosa aveva vinto.
Ormai eravamo sole io e lei, per sempre. Eravamo finalmente isolate, noi e le
nostre secrezioni: il sangue, il sudore, le feci, la saliva, il pus, il muco, il
vomito. La Cosa aveva cacciato via i miei figli, le strade piene di gente, le
luci dei negozi, la spiaggia a mezzogiorno con le piccole onde dell’estate, gli
alberi di lillà, le risate, il piacere di ballare, il calore degli amici, l’esaltazione
intima dello studio, le lunghe ore di lettura, la musica, le braccia tenere di
un uomo attorno a me, la crema al cioccolato, la gioia di nuotare nell’acqua
fresca».
Furono le parole liberate dall’analisi a permetterle di raccontare l’indicibile,
di vincere la paura, di riannodare i fili di un’esistenza vissuta sotto le
insegne della morale borghese e cattolica della madre. La rinuncia a studiare l’amata
matematica per accedere allo studio più femminile della logica, un futuro
tracciato che l’attendeva, permisero alla pazza di mettere solide radici in
lei. La ribellione alle convenzioni, la volontà di lasciarsi andare alla
passione erotica, non furono sufficienti a darle la sanità mentale che cercava.
Forse anche perché quando era bambina la madre si interessava a lei solo quando
era ammalata.
Le parole per dirlo è un libro che ha segnato un’epoca e dato slancio alle
rivendicazioni dei movimenti femministi. Come Il secondo sesso di Simone de Beauvoir aveva rivelato
che «donne non si nasce, lo si diventa», così il libro della Cardinal toccava
tutti gli aspetti della vita femminile e li raccontava, con passione e
visceralità, con l’onestà intellettuale di una donna privilegiata consapevole
del privilegio, ma che cerca relazioni e confronti con decine e decine di donne
qualunque che vivono una vita di sacrifici e di duro lavoro. Il mondo del padre
era sempre rimasto in ombra, solo l’ingiustizia e le violenze della guerra d’Algeria
le mostrano che l’orrore della storia è in mano agli uomini. Il paese della sua
infanzia, quello dove i profumi dei fiori erano un’orgia dal mattino alla sera,
quello dove i colori si stagliavano netti l’uno contro l’altro, quello della
macchia mediterranea e delle viti che raggiungevano l’orizzonte sino al mare,
era scomparso per sempre. Ma non perduto, perché le porte rinserrate della
memoria, grazie all’analisi potevano riaprirsi e varcata la soglia, ogni mostro
poteva manifestarsi ed essere affrontato e sconfitto. Le parole allora possono
non solo essere dette ma anche scritte, e il piacere di riempire quaderni su
quaderni diventa, un progetto e poi il romanzo Ascolta il mare, che il marito legge e le dice quel
che lei non aveva ancora avuto il coraggio di ammettere: quel romanzo faceva di
Marie una scrittrice. «Il mio primo libro è stato l’alba della mia rinascita,
della mia guarigione. Mi sono avventurata in queste prime pagine bianche come
una donna perduta nel deserto trova tracce di acqua. Con una gioia indicibile e
anche con inquietudine, con un’ansia enorme: e se non ci fosse stata acqua? Se
mi fossi ingannata? È uno degli avvenimenti più importanti della mia vita
questo primo libro, forse il più importante di tutti»,
La scrittura è una fonte
di liberazione per quasi tutte le protagoniste dei libri della Cardinal. La
salute ritrovata e la pubblicazione di quel primo libro, la rendono piena di
energia e di coraggio, di forza, una donna sulla quale si può contare. Durante
l’ultimo anno di analisi la madre comincia a morire. Non è più la donna
bellissima e distante della sua infanzia, ma una vecchia sconfitta dalla vita e
ripugnante. Quando la morte arriva al primo sentimento di un’Apocalisse
compiuta, si sostituisce un senso di sollievo e di libertà. Ci vorrà del tempo
prima che la pietà e la nostalgia le permettano di andare al cimitero a piangere
sulla sua tomba. A questo lutto seguono la fine dell’analisi e l’inizio delle
lotte politiche. «La porta chiusa dietro di me. Davanti il vicolo, la strada,
la città, la terra e una voglia di vivere e di costruire grossa come il
pianeta. … Alcuni giorni più tardi venne il maggio ‘68».
«Quando scrivo, parto
sempre da qualcosa che conosco, che ho vissuto. Poi c’è una trasformazione, un’apertura,
inizio a divagare, “io” può diventare “lei”, un “lei” che mi appartiene più di
quell’“io” fittizio. “Io” è sempre una maschera».
Anche gli altri libri di
Marie Cardinal, tra cui La chiave sulla porta, I giovedì di Charles e Lula, Amore, amori ci ricordano che una analisi non
finisce mai perché l’analisi è uno stile di vita e che si deve sempre lasciare
da parte quel che si conosce per cercare un linguaggio nuovo, le parole che a
ognuno servono per dire la propria esperienza e la propria visione del mondo,
che la passione politica è anche solidarietà di genere, che le donne conoscono
meglio il lato materiale della vita perché è la prima cosa che ci viene
insegnata, ma che altrettanto bene possono occuparsi di tutto il resto. Un’intensa
vita di animatrice culturale, di autrice di testi per il teatro e la radio
popolano gli anni della maturità. Ma nell’ultimo periodo della sua vita Marie
Cardinal trascorre il tempo nel sud della Francia a Malaucènes, una cittadina
che le ricordava il paesaggio della fattoria di Mostaganem in Algeria, dove era
cresciuta. La Madeleine è la casa dove scrive l’ultimo libro in cui ritorna a
raccontare della depressione, contemplando il paesaggio, in compagnia di un
vecchio castagno e un pozzo disseccato. Qui, all’ombra di una magnolia, il suo
albero preferito, riposano le sue ceneri.
Marie Cardinal
Algeri (Algeria) 1928 - Valréas (Francia) 2001
Fonti, risorse bibliografiche, siti
Marie Cardinal, Le parole per dirlo, Bompiani 1976
Marie Cardinal (con Annie Leclerc), In altri termini, Bompiani 1977
Sacramento Delgado Mesa, Marie Cardinal: Identidad,
escritura y compromiso,
Editorial de la Universidad de Granata 2006
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