Con un’amica
che lavora per un giornale online parlavamo di com’era aspettare che i vinili,
i 33 giri d’antan, arrivassero in Italia qualche mese dopo l’uscita in Gran
Bretagna o negli States. E ci è venuto in mente di com’era divertente partire a
caccia di libri inglesi o francesi perché chissà mai quando e se sarebbero
stati tradotti. E ricordavamo con nostalgia il tempo dell’attesa delle
telefonate per uscire con gli amici. Così ho capito cosa non mi piace della
contemporaneità del mondo digitale. Abbiamo perso il tempo dell’attesa, il
piacere di scovare libri stranieri, la difficoltà di organizzare la vita.
E.P.
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