venerdì 27 maggio 2011

Luglio, via Anselmo da Baggio

Questo è il mese dei bambini anche a Milano. Finite le scuole le giornate si tendono come elastici e sembra non finiscano mai. Il mattino è bello svegliarsi presto sapendo che non ci sarà la scuola. Più felici di tutti sono i bambini delle periferie. Per quelli delle zone centrali, luglio è già mese di vacanze marine, magari con i nonni e la mamma. Tanti, è vero, restano in città, che non offre grandi occasioni di divertimento. Ci sono pochi giardini, il sole fa fondere l’asfalto, l’aria è quasi irrespirabile. Si può restare a giocare nei cortili però. Inseguirsi su e giù per i ballatoi e le scale, gridare da una ringhiera all’altra inseguiti dalla nonna che vuole solo silenzio. Fare merenda tutti insieme con un gelato e non vedere l’ora che la mamma torni a casa dal lavoro. In periferia, invece, questo mese estivo regala una libertà che nel resto dell’anno è impossibile persino da sognare. Corse a perdifiato nei prati dall’erba alta, così alta che ci si può giocare persino a nascondino. Poi sdraiarsi a riposare con il cuore che batte impazzito. Giocare
a cercare nel cielo gli animali delle favole invernali. Un drago, un unicorno, Topolino, un cane che corre, la strega cattiva. Finito anche questo gioco, si possono raccogliere quadrifogli per tutto il giorno, i prati ne sono pieni, come se il destino avesse cercato di regalare upo’ di fortuna anche chi abita in queste brutte periferie. Si può poi andare, di nascosto dalla mamma, a fare il
bagno nel fossetto, perderci una scarpa da tennis, essere costretti a stare sdraiati al sole senza niente addosso per fare asciugare i vestiti e non far capire quel che si è combinato.
Poi, prima di tornare a casa, correre fino al campo di granoturco. I contadini sono tornati alla cascina, le pannocchie non sono ancora mature, ma non ha importanza. Bisogna cercare la più bella, la più grossa, segnare il tronco con un segno speciale, così che a settembre si potrà fare un buon raccolto a dispetto dei padroni che saranno lì a fare la guardia. Si possono prendere i pattini e correre a perdifiato per la strada centrale del quartiere che è zona verde, non passano
le auto. Sembra quasi di volare, di avere davvero le ali ai piedi. Si può giocare nel fortino degli indiani costruito in mezzo al pioppeto che non darà mai legna ma solo molti ricordi per gli anni a venire. Poi si gioca anche a pallone, anche le bambine. Ma le bambine si annoiano e chiedono sempre di giocare a palla fuoco e a palla avvelenata. Palla fuoco è il gioco più eccitante.
Capire sempre un momento prima la traiettoria della palla e schivarla con un balzo, imprendibile come uno scoiattolo, felice come un gatto al sole. Ancora tutti insieme si può giocare alle belle statuine, a strega comanda colore, ad arimo con il fiato corto, al mondo con un
pezzo di mattone per segnare il percorso. Si può continuare con l’elastico, con le bambole e giocare con Marco alla mamma e al papà, promettendosi l’un l’altro per un futuro matrimonio.
Si possono inscenare le favole, ma tutte le bambine vogliono essere la principessa e tutti i bambini il cavaliere senza macchia e senza paura. Non preoccuparsi di avere finito le storie, perché c’è sempre il signore del piano di sopra che dorme di giorno e di notte lavora in una fabbrica. Ma Angelino ha detto di averlo visto rientrare molte volte avvolto in un mantello nero per cui in realtà il suo lavoro è fare il vampiro. Si può arrampicarsi sul balcone del primo piano nella cucina della signora Lidia a chiederle la merenda. Lei non dice mai di no, basta non farsi vedere dal marito che ha un occhio verde e uno marrone, sembra un drago e detesta i bambini. Si può stare in casa di Cristina a leggere Topolino, sfuggendo a sua madre che vuole sempre una mano per asciugare le posate e spolverare. Se si riesce a sfuggirle, si può andare in casa da Giuliana, tanto i suoi non ci sono mai, e rubare trucchi e calze di nylon dorate alla
zia Alice che è signorina e vive con loro. Nei cespugli dietro al bar c'è un’apertura che solo i bambini conoscono. In mezzo c’è una radura segreta, lì ci si può truccare in santa pace e anche accendere la prima sigaretta con i maschi che hanno scoperto il rifugio. Se c’è Simona in cortile si può chiederle di chiamare il suo papà, che è disoccupato, per fargli raccontare una volta ancora le storie degli dèi che vivono sul Monte Olimpo. Soprattutto la storia del furbo Ulisse che cerca di tornare a casa ma si perde ogni volta in avventure nuove e irresistibili. Ai bambini, a volte, viene il sospetto che Ulisse sia proprio lui perché conosce troppo bene le sue storie e Itaca sembra una via del quartiere anziché un’isola lontana. A forza di sentire storie, a qualcuno piacerebbe imparare a raccontarle. Così per un sacco di pomeriggi, Marco, Paola e Simona, non si fanno vedere perché stanno in casa a leggere e a provare a raccontare le storie che hanno letto. L’isola del tesoro, L’ultimo dei mohicani, Il richiamo della foresta, Il giro del mondo in ottanta giorni, I ragazzi dellavia Paal, Zora la Rossa, Ventimila leghe sotto i mari. Quando tornano a farsi vedere, gli altri bambini, all’inizio, sono timorosi e un po’ diffidenti. Le storie le
raccontano i grandi, mica i bambini. Eppure i loro tre amici sono proprio bravi. Qualche volta anche il papà di Simona si ferma con loro ad ascoltare e sorride compiaciuto dell’abilità della figlia. Un altro grande divertimento è quello di giocare a San Remo. Ognuno impara almeno due canzoni a memoria e a turno tutti interpretano il cantante, il membro della giuria, il presentatore, la valletta, il pubblico. La voce più bella ce l’ha Manuela, che è strano
perché non parla mai. Ma quando lei canta, la signora Lidia si affaccia al balcone e qualche volta si affaccia persino suo marito, anche se sembra un drago. I soldi che guadagnano con le loro esibizioni estive, li mettono in comune e comprano gazzosa, patatine, gelati e ghiaccioli. Nei momenti di magra devono far bastare un sacchetto di patatine per tutti quanti, ma nessuno si lamenta, gli amici dividono sempre tutto.
Alle sette, comunque, tutti a casa per la cena. D’estate carne Simmenthal e insalata, zucchine fritte, pomodori e frittate fredde. Niente pastina, meno male. Alle otto e mezza di nuovo tutti fuori. Di sera non si può uscire con le biciclette, però tutti i bambini del cortile prendono i pattini. Vogliono andare a vedere il tramonto sopra il campo di granoturco e ci vanno di nascosto. Si siedono sul prato di fronte al campo e guardano il sole che scende molto piano. Poi con gli occhi cercano la prima stella della sera e le costellazioni. Un bambino chiede se sono le stesse che vedeva Ulisse dalla sua imbarcazione. Il silenzio notturno è rotto solo dal canto dei grilli. Quando è proprio diventato tutto buio, scivolano via uno a uno senza dire nulla.
Non rimettono i pattini, non c’è nessuna fretta di tornare a casa. La notte sarà comunque breve e domani mattina tutto inizierà da capo.

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