sabato 29 dicembre 2012

Diario d'inverno


“Una porta si è chiusa. Un’altra si è aperta.
Sei entrato nell’inverno della tua vita”.

La vita narrata è quella di Paul Auster che si racconta non pronunciando mai la parola “Io”.
Per frammenti, a volte lunghi qualche pagina, a volte poche righe, lo scrittore ricompone in un mosaico quello che della sua vita è rimasto nella memoria.
Testimone e attore di avvenimenti, di casualità che lo hanno portato a essere Paul Auster, racconta dell’infanzia illuminata dall’amore materno, dei giochi sfrenati con gli altri bambini, dei cambiamenti di un corpo di cui conosce soprattutto le mani e i piedi, rassegnato a non sapere mai davvero nulla del suo viso che solo gli altri vedono in continuazione. Proprio il volto dello scrittore campeggia sulla copertina della traduzione italiana, come sempre dell’eccellente Massimo Bocchiola, un volto assorto, preso in chi sa quali pensieri, che si staglia su uno sfondo nero, da cui emerge come una scultura antica dove la pietra trasmette la consistenza della carne.
Un libro di frammenti e più ancora di liste che ricompongono la figura di Auster uomo, perché non molto viene detto dello scrittore, così come l’ebraismo che pur presente, non è uno degli elementi fondanti di questo libro. Liste di cicatrici, di luoghi visitati, di case abitate nel corso di tutta la vita, di viaggi, di donne amate, di malattie, di piccoli piaceri del corpo, dei cibi e dei dolci, del piacere del fumo e del buon vino, del camminare, del leggere, del tradurre gli amati poeti francesi. Tra tutte due sono le donne che emergono, la madre non bellissima ma carina e fascinosa, divisa da sempre in tre creature, oscillante tra l’estrema sicurezza del fascino e il panico che la paralizza e le impedisce di vivere una vita normale. Dopo la sua morte è Paul che conosce cosa siano gli attacchi di panico, quasi fosse un modo per tenere in vita dentro di sé, colei che lo aveva dato alla vita. L’altra è Siri Hustvedt, donna bellissima, “alcuni fra i luoghi più belli del mondo si trovano sul corpo di tua moglie", e talentuosa, scrittrice come lui, con la quale condivide, ancora con stupore la vita da quasi trentadue anni, “il grande amore che ti tese un’imboscata quando meno te lo aspettavi”. Una vita insieme lunga e piena di gioie e di dolori, caratterizzata soprattutto dal loro incessante conversare. L’amore coniugale è raccontato con delicatezza e passione, ancora grato al caso, non dimentichiamo che Auster, in ogni suo libro è il cantore del caso, per averli fatti incontrare. Lo stesso caso che in un giorno lontanissimo fa sì che un fulmine colpisca l’amico con cui sta giocando e risparmi lui. Così in una sequenza di eventi, di casualità, di scelte apparenti Auster uomo diventa Auster scrittore ed è lo scrittore, sullo sfondo ma sempre presente, che rende grazie all’uomo che lo ospita. Un uomo che riconosce l’inverno della vita ormai iniziato, un uomo simile a tanti altri uomini della sua epoca e che in qualche modo li rappresenta tutti. Un libro di poche reticenze e molto pudore che ci avvicina allo scrittore più che all’uomo perché anche in questo libro è l’uomo a essere creato dalle parole, perché senza parole che raccontano l’uomo, Paul Auster sarebbe solo un’ombra nel teatro della vita.

E.P.

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