Dal piccolo
porto di Collioure, un pezzo di Catalogna in terra francese, André Derain
scrive nell'estate del 1905 all'amico Maurice Vlaminck, con il quale
condivideva dall'inizio del nuovo secolo un atelier a Chatou, dell'esperienza
affascinante che va facendo in quei mesi a fianco di Matisse, sotto la luce
calda e zenitale di quel meridione d' Europa: scrive della "luce bionda,
dorata, che sopprime le ombre"; del suo quotidiano "sfacchinare
seriamente e con tutta l'anima" attorno a una trentina di studi, tutti
rigorosamente condotti all'aria aperta, in cerca di "quelle cose che
traggono la loro forma da disarmonie intenzionali"; e di quanto, infine,
quell' aria tersa che respira, quel mondo diverso che ora conosce, fatto di
pini e di olivi, di mare e di cieli inondati dal sole, imprimano un corso nuovo
alla sua pittura: così che, dice, "la mia guarigione data solo da
oggi".
Fabrizio D'Amico
in un articolo dedicato alla mostra
di Derain e Matisse a Torino
Repubblica 8 febbraio 1999
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