mercoledì 3 giugno 2015

Faccio il mercante persiano, il venditore d’acqua e di fumo, di fumate di zolfo e decotti ipnotici, di lampade magiche e incantesimi

Quando Goffredo Parise giunse a Roma nell'aprile del 1960, a trent'anni, scrisse una bellissima lettera a Giovanni Comisso. «Freneticamente vivo ciò che avevo voglia di vivere e che Milano mi aveva soffocato, ossia la mia fantasia… Mi intano in questa Roma di papi e di topi, mi imbuco nelle baracche e nelle strade, guardo le nuvole che passano sopra alle cupole di questa città di Aladino, rapide e gonfie quasi di sangue, con un leggero ma costante fruscio come di marina. Vivo intensamente ancora i giovani anni che mi restano, nel modo che mi è più congeniale, nell'estro e nel disordine dell’avidità, nel sogno e nell'avventura. Faccio il mercante persiano, il venditore d’acqua e di fumo, di fumate di zolfo e decotti ipnotici, di lampade magiche e incantesimi». Era veloce: supremamente veloce nelle sensazioni, nei sentimenti e nei pensieri: veloce nello slanciare il corpo e l’intelletto in ogni possibile avventura, già annoiato dal successo che lo aveva raggiunto troppo presto e sazio persino del proprio talento di artista.
Aveva conosciuto qualche tempo prima Carlo Emilio Gadda; e fu affascinato da lui come da nessun altro essere umano. Lo ammirava: la sua ammirazione si scioglieva in una sorta di rapida liquidità dell’animo, in una ineffabilità senza precetti. Lo rappresentò in una bellissima prosa, L’ingegnere. «L’ingegnere si fermò sulla porta, interdetto. Iniziò qualche passo verso l’esterno, al passo, senza avanzare, come a preparare l’avvio di un moto a venire: ma subito il pensiero rallentò il ritmo di una tale propulsione e i piedi nelle scarpe si ritrovarono fermi sullo zerbino, più fermi di prima. Sgranò gli occhi chiari e pensosi, come a dire: “E adesso?” Di là, e ancora di là, oltre la grande aiuola deserta, da attraversare per giungere a casa, di là stava l’improbabile, l’esterno: che non aveva voglia di incontrare; con cui non intendeva discutere».


incipit della recensione di Pietro Citati 
all'epistolario di Goffredo Parise e Carlo Emilio Gadda sul Corriere della Sera del 31 maggio 2015
Se mi vede Cecchi, sono fritto
corrispondenza e scritti 1962-1973
Adelphi 2015

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