giovedì 24 aprile 2014

La felicità è come la memoria del mondo, puoi solo farne parte

... e anch'io penso oggi che felicità sia una parola nuova e rivoluzionaria. 
Ma cosa significa? Chiedo a Mira, albanese, ex maestra elementare, da molti anni a Roma come babysitter e collaboratrice domestica, se sia felice. “Stamattina sì”, mi dice sorridendo, “perché ho dormito un’ora di più. Mi sentivo riposata e quindi felice, ho preso tutto alla leggera. Altre volte sono in ansia per il ritardo dell’autobus, oggi no”...
   E io, mi chiede, sono felice? No. Perché? Perché ho paura di non riuscire a esserlo, mi frego da solo. Mi chiede comunque un esempio di felicità. Quando ho visto per la prima e unica volta il famoso raggio verde del sole al tramonto, che credevo ormai non esistesse. Dove? A Ostia. E mi viene in mente che, quando prendo la Via del Mare verso Ostia, mi sento sempre bene. Forse felice.
(...)
Così eccomi a Ostia, quartiere balneare di Roma prossimo alla foce del Tevere e all'aeroporto di Fiumicino. È sabato, la luce è perfetta e cammino sul lungomare di ponente, quello più povero, dove si vede ancora il mare. Al ritorno mi fermo a un panificio aperto giorno e notte. È  un punto di riferimento non solo per il pane fresco e le pizze calde, ma anche per mangiare altre cose.
   Il proprietario, Piero Morelli, già presidente dei panificatori di Roma, mi fermò un giorno per parlare di libri, poi mi mostrò il suo studio, una specie di piccolo museo del pane... 
         “Io sono felice perché ho i miei anticorpi, Radio Tre la mattina, i libri, le tue Panchine, Ceronetti, Cioran, mio figlio dietro al banco del panificio che ha l’insegna col nome di mio padre, classe 1909, che dormiva sui sacchi di farina di Piazza Venezia di fianco alla chiesa della Madonna di Loreto, protettrice dei fornai di Roma”. (Intanto annoto: è la durata che fa la felicità, il senso narrativo della propria esistenza, antidoto alla logica della precarietà? Interiorizzare già da giovanissimi la paura di non trovare un lavoro mi sembra un’infelicità recente e crudele, chi l’ha creata? Ai miei tempi non avevo un soldo, ma sarei scappato chissà dove pur di non avere un lavoro fisso).
(...)
Ci sono tanti mondi dentro il mondo. 
(...)
Valeria, avvocato: “Ci si sente felici quando, dopo una perdita o un’interruzione, c’è un recupero dello stato precedente, con una consapevolezza che prima non si aveva, perché si era nello stato naturale, quello senza il senso della perdita. La politica, il mondo di cui parlano i giornali, crea turbamento, ma non influisce sulla nostra felicità di fondo”.
(...)
Il cielo comincia a tingersi di viola e arancio. Mi ha raggiunto un amico poeta, Sergio, ex aviatore che abita qui a fianco (“Sei felice?” “Sì, perché uso lo stratagemma di avere desideri minimi, evitando quelli irraggiungibili”). Nel via vai incontra un ex collega romagnolo, Giulio, pilota ex cassintegrato Alitalia che ora vola sui jumbo cargo di una compagnia con sede a Malpensa. La felicità, dice, è entrare in un panificio a Ostia e trovare un amico fraterno. 
(...)
La felicità è qualcosa che ti attraversa come un fantasma, che non potrai mai prendere né possedere, come la memoria del mondo, qualcosa di cui puoi solo fare parte.


frammenti dell'articolo uscito su Venerdì di Repubblica del 18/4/2014) che si può leggere per intero sul blog di Beppe Sebaste 

1 commento:

Marina Bisogno ha detto...

Un'indagine interessante, una domanda scomoda, a cui, francamente, risponderei in maniera diversa a seconda dei giorni: sì, no, mai, forse. E comunque non me l'ha mai chiesto nessuno. Chissà chi avrà questo ardire.