venerdì 30 agosto 2019

La città delle estati e l'inverno dei volti

Con animo furente hai navigato lontano dalla casa paterna, varcando le doppie rocce del mare, e abiti una terra straniera.
Medea 

Da cinque giorni la pioggia colava senza tregua su Algeri, aveva finito per inzuppare persino il mare. Dall'alto d’un cielo che sembrava inesauribile s’abbattevano sul golfo incessanti acquazzoni, tanto spessi da diventare vischiosi. Nella baia senza contorni, il mare si gonfiava grigio e molle come una grande spugna. Ma la superficie delle acque sembrava quasi immobile sotto la pioggia costante. Solo di tanto in tanto un largo moto impercettibile sollevava sul mare un vapore torbido che veniva ad approdare al porto, sotto la cinta dei viali inzuppati. Anche la città, con tutti i suoi muri bianchi gocciolanti d’umidità, esalava un vapore che veniva incontro al primo. Da qualunque parte ci si voltasse, sembrava che si respirasse acqua: l’aria insomma si beveva. Io camminavo di fronte al mare affogato; aspettavo, in quell'Algeri decembrina che per me rimaneva la città delle estati. Ero fuggito dalla notte d’Europa, dall'inverno dei volti. Ma anche la città delle estati s’era vuotata delle sue risa e mi offriva solo schiene curve e lucenti. La sera, nei caffè violentemente illuminati in cui mi rifugiavo, leggevo la mia età su visi che riconoscevo senza poter dar loro un nome. Sapevo soltanto che erano stati giovani con me e non lo erano più.



Albert Camus
L'estate e altri saggi solari 
Ritorno a Tipasa
in Saggi letterari
traduzione di C. Pastura, S. Perrella, S. Morando, E. Capriolo
Bompiani 1966

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