mercoledì 16 novembre 2016

L’alfabeto del selciato e la ritrosia della luce

Si squarcia e geme tutto
questo tempo che è passato
e ti ha protetta in quel
giorno di una lontana primavera
dove i tigli gemmavano dolendosi
e il profumo stillava malgrado
l’odio che molava i giorni
nella promessa della fioritura
hai lasciato il verde miracoloso
occuparsi della ritrosia della luce
del deserto che avresti voluto
intorno ed era solo un miraggio
o sogno a occhi aperti
sei scesa con un salto sulle
pietre antiche, alfabeto del
selciato e dalla vecchia più
curva e vacua hai comprato
mazzi di violette anche se
non avevi un abito da adornare
a casa hai sistemato i fiori
in un vaso chiaro, con la mano
aperta saggiato la consistenza
del legno e spolverato quel
tavolo che mai avrebbe accolto
parole simili alla tua poesia
fuori calava il sipario al
giorno, che era solo un nome
diverso per il tempo che
non avresti avuto, per la
stagione arida che volevi
conoscere.
Fu quello forse l’estremo inganno
contare le gemme immaginando
i fiori respirando con l’immaginazione
quel profumo che era una promessa e
spezzare poi con noncuranza ogni
ramo per impedire che il frutto
si offrisse succoso alle bocche
degli sterminatori, quelli che
mai avranno saputo che la loro
fame d’estate era la tua
rabbia sorta dalle viscere.
Ora tengo sul mio tavolo quelle
violette smemorate almeno
nell'apparenza, solo noi sappiamo
che è sangue quella linfa
e un vizio l’aprire la mano
sul legno e sentirne ancora
il caldo bacio del sole e
macchiarsi dell’inchiostro che
quel giorno hai rovesciato.

a Milena Jesenka

Elena Petrassi
Scrivere il vento
Atì editore 2016

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