giovedì 16 giugno 2016

da dove arrivano le storie

Quando comincia una storia ha già tutto chiaro?
Non è chiaro, all'inizio. Spesso ho un’idea, ma è un’idea molto vaga. Provo a entrare nel mondo della storia, cerco la porta giusta. Può essere quella porta oppure un’altra, oppure una finestra, non lo so, ma devo trovarmi dentro la storia, devo trovare l’ingresso. È difficile, perché spesso una storia non comincia con l’incipit.
Come si arriva all'incipit allora?
Io ci arrivo scrivendo e pensando. A volte comincio una storia, scrivo, scrivo e a un certo punto mi dico: “Ah, deve iniziare qui!” E magari succede dopo aver scritto molte pagine. Arrivo a un momento che mi sembra giusto, spesso ci vuole qualche mese per scoprire l’incipit. Lo spunto può essere un dettaglio, una scena, un pezzettino di dialogo, dipende. Di rado un incipit è ovvio, di rado si presenta così, purtroppo.
Un esempio?
Con La moglie io sapevo che la descrizione dell’ambiente era l’incipit giusto. Ma ci ho messo anni per ridurre quella descrizione a una pagina. Prima era un capitolo di otto o nove pagine e mi sembrava troppo. Ho dovuto togliere tutto. La scena al Tolly Club è arrivata dopo qualche anno. Perché io devo capire innanzitutto i personaggi, senza averli capiti non riesco a capire la storia: loro mi danno tutto, anche la struttura.
Ci parla del lavoro preliminare, quello che si svolge nella sua mente, prima di cominciare? Quando capisce che un’idea può diventare un romanzo?
Non riesco a capire senza scrivere. Ho in mente una cosa, un’idea vaga, poi prendo qualche appunto o scrivo un paragrafo, una descrizione: un viso, un paesaggio, un sentimento, un’emozione. Poi, però, ci vuole un motore. Capisco che è giusto quando c’è un movimento, quando la storia si svolge. Allora è chiaro: se c’è un movimento che posso seguire, c’è un’energia, c’è qualcosa di inevitabile.
Che cosa deve avere un incipit per catturare il lettore fin dalle prime righe? Ci sono inizi lenti e inizi folgoranti. Lei cosa preferisce?
Dipende. Può essere lento o può essere folgorante. A me piace cambiare. Per esempio, ho scritto un racconto intitolato Una volta nella vita che inizia molto lentamente: non si capisce dove andrà la storia, è un incipit disteso, non c’è una tensione o un dramma che si vede subito. Ma è arrivato così. Come si entra in un posto? Si può entrare direttamente: ecco la porta, andiamo. Ma la via può anche essere lunga, rilassata. A me piace seguire il mio istinto, non ho nessuna formula.
Nei racconti, spesso lei comincia da un accidente o da una situazione: da un guasto alla luce o da un trasloco. L’incipit di un racconto dev'essere diverso da quello di un romanzo?
L’inizio deve introdurre gli elementi della storia. Il romanzo può iniziare in modo più lento, invece nel racconto è importante iniziare in mezzo alle cose, l’incipit deve essere più veloce perché tutto è più urgente. Dà velocità al racconto, un incipit del genere, è importante. Un racconto è come un treno che passa. Un romanzo è come andare in macchina: si entra, si gira la chiave, poi si accelera.
frammento dell'intervista di Caterina Bonvicini a Jhumpa Lahiri
L'arte di raccontare
Nottetempo 2015

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