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Si vede talvolta in un treno, in una sala d’aspetto, un volto umano. Che ha di
diverso? Di nuovo potremmo dire ciò che quel volto non ha, ciò che i suoi
tratti non tradiscono.
Gli occhi non diffidano né sollecitano, non divagano e non indagano. Occhi in
nessun attimo assenti, mai interamente presenti. Ai giorni nostri tali volti,
comuni nei quadri antichi, sembrano sigillati da una indicibile malinconia.
Pure, nel treno, nella sala d’aspetto, essi gonfiano l’animo di gioia, di un accresciuto, appunto, sentimento di vita. Non
correrà parola, ma il puro, subitaneo sorriso è fuga in un tranquillo luogo,
vulnerabile al punto da essere inattingibile. Si dice, rapidamente “occhi
consapevoli”: Sono in realtà, occhi eroici. Hanno guardato la bellezza e non ne
sono fuggiti. Hanno riconosciuto la sua perdita sulla terra, e in grazia di ciò
l’hanno guadagnata alla mente. Neppure la fotografia può interamente
distruggere tali volti, di più in più rari, è vero. Muta la razza, muta ormai
la specie, tra poco tali volti saranno appena percepiti e, percepiti, anch'essi
imperdonabili, tanto estranei al contesto, al sistema che li racchiude. Già
cominciano a farsi invisibili, come il Graal e la lancia di Longino che una
mano riportò al cielo, si dice, quando gli uomini non furono più degni di
custodirli; come il cinese che leggeva un libro e su cui la folla subito si
richiuse. Per essi, tuttavia, la bellezza cacciata non cessa il suo inavvertito
circuito, fiore, stella, morte, danza continuano a somigliarsi, la somiglianza
a sgominare il terrore. Chiarezza, sottigliezza, agilità, impassibilità. Siedi
contro il muro, leggi Giobbe e Geremia.
Attendi il tuo turno, ogni rigo è profitto. Ogni
rigo del libro imperdonabile.
Cristina
Campo
Gli imperdonabili
Adelphi 1987