Aspettavo che il treno partisse senza riuscire a svegliarmi, negli occhi avevo fisse le figure dei due pope ortodossi e la donna del treno vestita come si
usava negli anni Venti. Mi guardava pensando di non essere vista perché la veletta le copriva il viso perfetto. Dopo minuti lenti e il sonno della mente che mi teneva imprigionata, il treno partì e io sentii ancora il rumore della locomotiva e lo sbuffo di vapore coprì la nostra uscita dalla stazione. I sedili del nostro scompartimento erano comodi divanetti di velluto cremisi e legno scuro.
Dal finestrino vedevo scorrere le case di ringhiera addobbate con i panni stesi. Non dormivo e non ero davvero sveglia. Se ero scesa dal treno perché invece
stavo ancora viaggiando? Come avrei fatto in tutti i viaggi successivi per tornare da te, quello era il primo viaggio ma ancora non lo sapevo, cercai di cogliere nel
buio delle finestre, i segni della ripresa mattutina della vita. Ma la luce primaverile era netta e nessuno aveva acceso i lampadari, impedendomi così di assistere agli spettacoli involontari che la vita quotidiana inscenava, senza averle ingaggiate, con le persone che erano vive o credevano di esserlo.
incipit del terzo capitolo del mio nuovo romanzo.
Elena Petrassi
In giornate identiche a nuvole
Atì editore 2017
2 settimane fa
1 commento:
Resto in attesa!
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