Quand'è che smettiamo di imparare? Una volta usciti
da scuola, quante occasioni perdiamo per restare
allievi, per non dimenticare lo stupore dell’apprendimento?
Quell'incanto di un attimo, di un’ora,
che chiunque ha sperimentato. Sulla strada lunga e accidentata
che separa la nostra ignoranza dal sapere, a un certo
punto restiamo soli. Ogni tanto, se siamo fortunati, ci
prende una strana nostalgia dei maestri; di qualcuno che
sappia indicarci dove guardare, e come. Gente capace di fare
scuola anche fuori dalla scuola, disponendo banchi e seggiole
a portata di tutti, di colpo, con un gesto nemmeno troppo
insistito. Così faceva Umberto Eco. Bastava andare a sentirlo
una sera d’estate; bastavano i primi trenta secondi di
un suo discorso — per esempio: «Questa volta il tema è l’invisibile;
come si fa a far vedere l’invisibile?» — per ritrovarsi a
fare, anche senza farlo davvero, il gesto più studentesco di
tutti: prendere appunti. Mi viene da pensare a Sulle spalle
dei giganti (La Nave di Teseo) — la raccolta degli interventi
preparati da Eco anno dopo anno per lo stesso festival, La Milanesiana
— come alle più smaglianti, maestose dispense
che un corso universitario potesse avere.
incipit della recensione di Paolo Di Paolo pubblicata su Repubblica di sabato 21 ottobre al volume di
Umberto Eco
Sulle spalle dei giganti
La Nave di Teseo 2017
2 settimane fa
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