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Ottobre, notte
Accetta questo silenzio: la parola stretta nel buio della gola come una bestia irrigidita, come il cinghiale imbalsamato che nei temporali di ottobre scintillava in cantina. Livido e intrecciato di paglia, il cuore secco, senza fumo, eppure contro il fulmine che inchiodava la porta, ogni volta nel punto esatto in cui era iniziata la morte: l'inutile indietreggiare, il corpo ardente, il calcio del cacciatore sul suo fianco.
Chiudi gli occhi. Pensa: lepre, e volpe e lupo, chiama le bestie che cacciate corrono sulla terra rasa e sono nella fionda del morire o dell'addormentarsi sfinite nella tana dove solo chi è inseguito conosce davvero la notte, davvero il respiro.
Antonella Anedda
Notti di pace occidentale
Donzelli editore 1999
Quand'è che smettiamo di imparare? Una volta usciti
da scuola, quante occasioni perdiamo per restare
allievi, per non dimenticare lo stupore dell’apprendimento?
Quell'incanto di un attimo, di un’ora,
che chiunque ha sperimentato. Sulla strada lunga e accidentata
che separa la nostra ignoranza dal sapere, a un certo
punto restiamo soli. Ogni tanto, se siamo fortunati, ci
prende una strana nostalgia dei maestri; di qualcuno che
sappia indicarci dove guardare, e come. Gente capace di fare
scuola anche fuori dalla scuola, disponendo banchi e seggiole
a portata di tutti, di colpo, con un gesto nemmeno troppo
insistito. Così faceva Umberto Eco. Bastava andare a sentirlo
una sera d’estate; bastavano i primi trenta secondi di
un suo discorso — per esempio: «Questa volta il tema è l’invisibile;
come si fa a far vedere l’invisibile?» — per ritrovarsi a
fare, anche senza farlo davvero, il gesto più studentesco di
tutti: prendere appunti. Mi viene da pensare a Sulle spalle
dei giganti (La Nave di Teseo) — la raccolta degli interventi
preparati da Eco anno dopo anno per lo stesso festival, La Milanesiana
— come alle più smaglianti, maestose dispense
che un corso universitario potesse avere.
incipit della recensione di Paolo Di Paolo pubblicata su Repubblica di sabato 21 ottobre al volume di
Umberto Eco
Sulle spalle dei giganti
La Nave di Teseo 2017
«in quel grande caos della vita ci sono fili che congiungono presente e passato.
Siamo attenti al fatto che c‘è qualcosa che si contrappone al caso, una scheggia di senso. Questo è il nostro vivere».
I fratelli Taviani in una bella intervista di Arianna Finos
pubblicata da Repubblica sabato 21 ottobre 2017