Il cielo può essere nero come l’inchiostro,
grigio come la noia, azzurro come il mare, rosso come le ciliegie, arancione
come le arance, azzurro e verde come i tuoi occhi.
Non essere mai davvero solo chi si è, ma
assomigliare a qualcun altro, ricordare qualcosa d’altro. Anche noi creature
umane portiamo nei tratti del volto, nei corpi, nei gesti, tracce di chi ci ha
preceduto, della nostra stirpe e delle nostre ascendenze. Ed è emozionante
quando arriviamo a scoprire a quale antenato assomigliamo: a me è accaduto
quando ho ritrovato, grazie a una vecchia fotografia, la forma delle mie mani
in quelle di mio nonno materno. E poi il naso di mio padre, la bocca di mia
madre, i capelli di mio padre, le spalle di mia madre… tutti noi possiamo fare
questi elenchi e ritrovare i frammenti che hanno fatto di noi un intero.
Il canto delle ripetizioni
Un cielo
è memoria di tutti
i cieli
che abbiamo veduto,
ogni
onda non è che ripetizione
di
quelle che l’hanno preceduta,
il vento
è una teoria di venti e
le
stagioni, imploriamo sempre
che
assomiglino a se stesse e
ci
rinnovino i fiori in primavera,
i frutti
in estate, le castagne
d’autunno
e la neve in inverno.
Le
ripetizioni sono la certezza
che la
vita prosegue, che siamo
tutti
insieme in questa tessitura
circolare,
dove sopra e sotto
hanno
senso solo quando siamo
svegli.
Ma è nel mondo molteplice
e
capovolto dei sogni che l’acqua
scorrerà
all’indietro e il tempo
sarà
soltanto quel bambino che
gioca in
riva al mare.
Siamo
abitati dai ricordi e posseduti dalle passioni, siamo mondo in una forma chiusa
e siamo sogni non ancora sognati. Oggi il cielo è diventato grigio in una
manciata di secondi, qui nella città silenziosa, e io mi sono ritrovata a
camminare in una brughiera d’Irlanda, tanti e tanti anni fa. Ho sentito il
profumo dell’erica e della palude, ma ero solo io che attraversavo la piazza
per ritornare verso casa.
Oggi è
venerdì 26 marzo del secondo anno senza Carnevale. Il canto delle ripetizioni è una poesia inedita che ho scritto per
questa Cronaca 383.
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