sabato 6 marzo 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/363: noi nuvole di pioggia e di tempesta, noi che abbiamo molti nomi


 

È impossibile programmare la propria vita senza lasciare spazio all’imprevisto, all’impensato. L’arte della vita assomiglia moltissimo alla meteorologia: possiamo fare progetti, impegnarci, prefissare delle mete e poi accade quel che accade e da una primavera precoce e già fiorita, ripiombiamo in una giornata di pieno inverno, con un gelido vento siberiano che ha fatto strage dei germogli, proprio come accade oggi nella città disorientata.

Forse l’unica cosa che avremo davvero appreso da questa pandemia è l’imprevedibilità della vita, ma ancor più la sua fragilità. Forse avremo imparato che siamo preziosi, che ogni vita lo è, che ogni nostro gesto ha conseguenze e che il passato non tornerà, che potremo cercare di tornare a una vita simile a quella novecentesca che il virus ha spazzato via. Certo che niente sarà più come prima, non perché alla fine saremo migliori, l’unica certezza è che saremo diversi, la nostra psiche uscirà segnata da ciò che ancora sta accadendo. Ma ricominceremo a vivere, come dopo ogni guerra, carestia, pestilenza e lutto. Siamo creature adattabili e forti, anche se fragili e delicate. Per questo continuo ad avere fiducia nell’imperscrutabile futuro che ci attende.

 

 

Un movimento tra la memoria e l’oblio

 

Osservo le nuvole, cerco

di decifrare i movimenti

per rilevare le regole del

moto, come se le nuvole

fossero mosse da una spinta

dell’immaginazione. Ma so

già che è al vento che devo

chiedere spiegazioni e farmi

rivelare qual è il segreto

del suo cavalcare il cielo,

della sua abilità nel trasformare

l’aria in movimento. Ma non

risponde il vento, mi sbeffeggia

e soffia. Non è mai solo una

la legge della nuvola, intorno

all’altare del tempo si accavallano

i canti e le orazioni. Andiamo e

veniamo, stiamo ritorniamo, noi

nuvole di pioggia e di tempesta,

noi nuvole dell’impermanenza,

noi che abbiamo molti nomi,

vi dimostriamo che prevedere

non significa sapere e che lo

sguardo, alla fine, non crea ma

si avventura nella fitta rete di

coincidenze che chiamiamo

vita. Tutto tace ora in quest’aria

di vento e stelle che le nuvole

strappano nell’alto dei cieli.

E quaggiù noi continuiamo

a scrutare ciò che dal cielo

non cade e a salutare questa

stanca stagione fredda che

adorna le strade con la speranza

di ciò che saremo, di ciò che

sarà su questo foglio e sulle

vostre labbra dischiuse.

 

Tornano come spirali i racconti, torna come un lampo la poesia. Se qualcosa ho imparato in questi mesi è che ogni racconto, ogni poesia, hanno bisogno di nascere in quella terra senza nome che sta tra memoria e oblio. Solo così le parole nuove, le giovani parole, troveranno quella forza necessaria e passeranno da quel luogo misterioso vasto come l’eternità, alle menti e alle mani di chi continua a scrivere e nello scrivere trova un senso a ciò che è stato, a ciò che sarà.

Oggi è sabato 6 marzo del secondo anno senza Carnevale. L’inverno ci sta regalando l’ultimo sprazzo della stagione. Fa freddo oggi e questa Cronaca 363 si è avvolta in una grande coperta di lana, sta accanto al camino e accarezza le orecchie di questa poesia Un movimento tra la memoria e l’oblio, che è un gatto dal mantello tigrato con le nuvole negli occhi.

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