La stagione arriva in noi prima del calendario, e non
importano gli anni, non contano gli ormoni o la fase della vita. La primavera
arriva quando scoppiamo dalla voglia di uscire, quando i piedi si trasformano
in ballerine e le mani in orsi rivolti verso il favo di miele. Ci sorprende
ogni anno la primavera, ci sorprende e ci fa irrompere come un bucaneve, spezza
il ghiaccio nelle membra e ci fa rotolare nel fango e annusare l’erba.
Questa è la seconda primavera che ci ritrova intenti a
proteggerci dal virus. Il Carnevale non lo abbiamo festeggiato per scelta. Ma
alla primavera non possiamo rinunciare anche se conosciamo tutto il dolore che
irrompe dentro.
Come
alberi che urlano nel vento
Pensiamo sempre che è dall’inverno
che dobbiamo proteggerci, come se
fosse il gelo, come se fosse il tempo
corto a chiedere protezione dalle
sue intemperie, dal muto e cieco
desiderio di calore che ci tiene in
casa e implora la stagione. Ma è
la primavera la stagione più pericolosa,
lo scrivono i poeti, lo sanno gli amanti
e gli amati. La lingua del ghiaccio si
ritira a lascia spazio alle nuove sillabe,
ma ora nessuno conosce le parole degli
alberi che urlano nel vento.
Così, mi impongo di decifrare questo linguaggio che
arriva dalle radici alle gemme, mi fermo ad accarezzare le cortecce, respiro il
muschio e le ultime foglie della stagione passata che nessuna forza era
riuscita a staccare nonostante l’albero sappia quando è il momento di lasciare
al vento ogni foglia, ogni germoglio.
Il cammino di oggi sta tutto negli occhi e nelle mani. È
un cammino noto e allo stesso tempo misterioso, perché ritornare sui propri
passi significa decifrare ciò che è accaduto tra una primavera e l’altra e
accettare il verdetto della stagione.
Oggi è venerdì 12 marzo del secondo anno senza Carnevale
ma con la primavera. Come alberi che
urlano nel vento è la nostra condizione e la poesia inedita che accompagna
questa Cronaca 369… Neanche noi possiamo impedirci di fiorire.
Nessun commento:
Posta un commento