Quando sei una ghianda e rotoli via dalla pianta madre,
ancora non sai se diventerai una quercia o mangime per gli animali o farina per
gli umani.
Poi dopo un po’ senti le radici che affondano nella terra
e i primi minuscoli rami che premono per toccare il cielo. È con le radici che
senti, non troppo lontano da te, che un albero gemello sta seguendo il tuo
stesso percorso, senti la stessa fretta e la stessa voglia di vivere. Senti gli
scoiattoli, il picchio rosso, qualche insetto e i funghi. La quercia tua
gemella cresce alla stessa velocità, festina
lente, e mentre le stagioni si alternano, il cielo è sempre più vicino e la
terra rivela profondità che non immaginavate. Parlate tu e la quercia gemella,
parlate nella lingua della linfa e delle foglie, nella lingua del vento e della
pioggia. Siete cresciute lontano dalla pianta madre, perché il terreno è
scosceso e voi siete arrivate quasi in fondo alla collina.
Intorno a voi sono cresciute altre piante, non solo
querce, ma avete permesso a una piccola radura di prosperare alla vostra ombra
e con lei tutti gli animali che vivono nel sottobosco. Non sapete quanto tempo
è passato da quando avete respirato aria con le prime foglie, non contate il
tempo come fanno gli umani, sentite le stagioni, ascoltate le nuvole, giocate
con la pioggia che vi solletica e siete felici, come solo le piante sanno
esserlo. Poi un giorno, durante un temporale estivo, un fulmine colpisce la tua
gemella che si spezza e si schianta al suolo perché era più fragile di te e il
tronco era in parte cavo. Quando gli umani passano accanto alla quercia
spezzata, portano via un po’ alla volta i rami e buona parte del tronco, ma non
quello cavo che resta sul terreno e dà rifugio alla volpe, ai topolini, e anche
al serpente.
Hai temuto di essere rimasta sola mia antica quercia che
accarezzo anche in sogno. Invece, le radici della tua gemella continuano a
parlarti e la solitudine è solo una parola umana, non vegetale. Solo gli umani
sanno cosa significhi non avere radici e non avere parole.
Sibila
il serpente nella mattina chiara
Sono seduta sul tronco
spezzato della seconda
quercia che vegliava
il sentiero. Mi fermo a
riposare e chiedo al
vento di portarmi voci
nuove, storie inaudite.
Mi risponde il sussurro dei
rami e sibila il serpente
nella mattina chiara che
mi avvolge i pensieri, chiaro
mantello di giorni in affanno e
desideri non ancora pensati.
Avrei voluto che fossero
ancora due le mie querce,
ma una ha sposato il vento e
freme a ogni sua folata,
mentre l’altra è sposa della
terra umida e nell’ombra canta
e vive la sua vita nuova.
Preferisco la terra dell’Altipiano della Luna, i suoi
boschi, gli amici che non sono tornati e quelli che non se ne andranno mai, mentre
la mia città soffre sotto cieli sempre uguali. Sibila il serpente nella mattina chiara è una poesia che ho scritto
oggi pomeriggio per ricordare questa giornata nella Cronaca 379 di lunedì 22
marzo del secondo anno senza Carnevale.
Nessun commento:
Posta un commento