lunedì 15 marzo 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/372. Tutto il movimento sta negli occhi e nelle mani

 


 

Una mappa sentimentale della mia città, ogni tanto mi viene questo desiderio di scrivere una mappa sentimentale dei luoghi che amo di questa città. Non disegnarla, ma scriverla. In qualche modo lo sto facendo in queste Cronache, ma senza una vera intenzione e senza un progetto. È una mappa senza mappa, basata solo sulla memoria. Ogni volta che ci penso, l’inizio è sempre è sui Navigli e da lì si muove a raggera e poi a zig-zag.

Vorrei scrivere anche una mappa sentimentale del mondo, basata su memoria e nostalgia. Non ho visto la maggior parte del mondo, mi mancano interi continenti, ma mi piace pensare che avrò modo di ricominciare a viaggiare, a vivere, a respirare. Ma come tutti, in questo momento non lo so. Così comincio a girovagare per l’Europa, Italia, Francia e Scandinavia in particolare, per la Spagna, il Portogallo, l’Austria, la Svizzera, la Germania… e così continuando a cercare le tracce della giovane viaggiatrice che sono stata e cercare le tracce dei luoghi in me stessa.

Per questo sarebbe importante poterle scrivere queste mie mappe e poi ritornare dove sono stata e andare dove non sono stata mai.

Potrei poi confrontare queste mie mappe con i luoghi reali, con vere cartine geografiche per scoprire dove la mia memoria si è ingannata.

Affidarsi a una mappa significa affidarsi a qualcun altro, a molti altri che prima di noi hanno sentito il bisogno di muoversi e di tracciare, disegnare, scrivere indicazioni per poter ritornare. Gli aborigeni australiani le loro mappe le cantano da sempre, come racconta Bruce Chatwin nel suo libro Le vie dei canti e grazie ai canti sono sempre stati in grado di andare e ritornare senza smarrirsi mai.

Ma forse non servirà consultare mappe ufficiali terrestri e celesti. Bisognerà solo fidarsi della scritta hic sunt leones che ci dice dove è pericoloso andare, viaggiare dove la memoria non arriva, dove l’ignoranza regna, dove il tempo non ci spinge a esplorare.

In questo primo anno di pandemia il primo hic sunt leones non è un luogo, o una serie di luoghi, ma è l’insieme delle relazioni e dei movimenti che davamo per scontati.

 

 

Non nel passo e nemmeno nel vento

 

Cesello la mia pazienza, la olio,

la nutro di immagini, la sfamo

dandole in pasto quel che vorrebbero

divorare i leoni. Sono paziente come

una pietra, e sono paziente come

l’albero che guarda la mia finestra e

aspetta una carezza a palmo aperto

sulla corteccia, dove non nascono

i rami e dove le foglie sono desideri.

Siamo pazienti io e l’acero rosso, ogni

anno contiamo le settimane che ci

mancano per vedere la nuova fioritura

dei gelsomini. Sono paziente

come un ragno nella sua ragnatela,

come Penelope che tesse di giorno i

desideri e disfa la notte ogni sogno.

Tutto il movimento sta negli occhi

e nelle mani, non altrove, non nel

passo e nemmeno nel vento.

 

Questa è la Cronaca 372 con poesia inedita di lunedì 15 marzo del secondo anno senza Carnevale, il primo giorno del nuovo confinamento, dove la città non è mai stata silenziosa.

Nessun commento: