Nessuno parla, non ci sono tempeste, c’è calma di vento, il mare è grigio inframmezzato d’azzurro, specchio del cielo e del nostro umore. Respiriamo salsedine, odore di alghe, ci fermiamo a guardare le onde che divorano le nostre impronte. Nessuno parla, è una domenica di preghiere mute e di nostalgie. È quasi un anno che siamo chiusi in casa, un anno dalle prime paure e dalle manifestazioni di ottimismo per il futuro. E, invece, la pandemia rallenta un po’ grazie ai vaccini, la disorganizzazione territoriale della sanità sta mostrando tutte le proprie pecche in Lombardia, regione che pretendeva di essere il meglio della sanità. La lotta tra pubblico e privato in Italia non so se avrà mai fine. Il pubblico viene disprezzato, salvo quando si pretende la soluzione dei problemi con la bacchetta magica, in tanti ritengono che le perdite siano da condividere e finanziare dal tento detestato Stato centrale. I profitti no, quelli sono per loro natura privati e non condivisibili. Il patto silenzioso tra la politica e gli evasori fiscali ci ha portato ad avere i livelli di debito pubblico che abbiamo. I poco avventurosi lavoratori dipendenti delle generazioni dei baby-boomer e i pensionati, sono non solo la spina dorsale, ma tutto lo scheletro della finanza pubblica, le tasse pagate da queste persone sono quelle che hanno permesso di tenere in piedi la macchina delle politiche pubbliche e dei servizi. Le folli scelte su istruzione e sanità dell’ultimo quarto di secolo, hanno mostrato durante la pandemia il loro vero volto, chissà se il PD e le sue mille correnti se ne sono accorti, chissà se l’assistenzialismo dei 5 stelle, l’identitarismo e il sovranismo di Lega e FdI, verranno toccati da quanto sta accadendo.
Le facoltà universitarie a numero chiuso hanno decimato
il numero dei medici, forse bastava mettere esami obbligatori al primo anno e
solo le persone veramente motivate, avrebbero continuato quel duro percorso di
studi. Forse era meglio mantenere le lauree quadriennali anziché inventarsi i licei
prolungati che alcune facoltà sono diventate. Forse sarebbe stato meglio non
farsi rimbambire dalla retorica televisiva degli anni Ottanta – oh ve la
ricordate la Milano da bere? - e Novanta con la discesa in campo di una nuova
destra aziendalista e scintillante. Cosa è rimasto di quegli anni, figli
misconosciuti del Sessantotto? L’ascensore sociale è bloccato, è sempre più
raro che i figli riescano a maturare condizioni di vita migliori di quelle
della famiglia d’origine. La scolarizzazione di massa non ha fatto aumentare l’amore
per la cultura e il sapere. Dopo il rimbambimento televisivo ecco quello
social, dove tutti si sentono legittimati a esprimere la propria opinione su qualunque
argomento e a riportare le chiacchiere da macchinetta del caffè come fatti e
non opinioni. Non solo l’autorità è stata incrinata, anche il principio di
autorevolezza, quello che fa blaterare di pandemia e vaccini chiunque. Starete forse
pensando che lo faccio anch’io. Lo studio e la lettura continui mi danno forse
una piccola legittimità a condividere le mie riflessioni. Nel mio spazio
virtuale lancio le mie bottiglie nell’oceano dell’informazione. Dove finiranno
questi scritti? Da nessuna parte è la risposta giusta. Da nessuna parte, se non
qui, dove continuo ogni giorno a raccogliere frammenti di mondo e a impastarlo
con la poesia che mi abita.
Nessuno parla, non ci sono tempeste, c’è calma di vento,
il mare è grigio inframmezzato d’azzurro, specchio del cielo e del nostro
umore. Respiriamo salsedine, odore di alghe, ci fermiamo a guardare le onde che
divorano le nostre impronte. Nessuno parla, è una domenica di preghiere mute e
di nostalgie. Chissà dove saremo e cosa staremo facendo il 7 marzo del 2022. Questa
è la Cronaca 364 del secondo anno senza Carnevale, sociologica, riflessiva e
muta di poesia.
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