Anche se crediamo di conoscere la notte, tutte le notti sono diverse una dall’altra. Anche nell’estrema ripetizione di eventi, perché passiamo la maggior parte della notte a dormire, le notti sono una diversa dall’altra, più lunghe o più corte, ci dicono che la stagione della fiamma si avvicina, o che presto i germogli esploderanno sui rami, che nuove pianticelle bucheranno la terra e si allungheranno a cercare il sole. In queste ore dove la luce è nell’altro versante del mondo, lasciamo questa realtà e ci addentriamo nel mondo dei sogni, magari dopo essere passati dal regno dell’immaginazione. Non sempre queste altre dimensioni della realtà sono benevole con noi, a volte sono incubi a venirci incontro, o il ricordo di persone che abbiamo amato e perduto. Ma se il ricordo è dolce, al risveglio saremo grati di avere sentito proprio quella voce, e porteremo quella dolcezza con noi nel giorno nuovo che seguirà questa notte felice. La notte è il regno degli amanti e degli innamorati, degli insonni e dei draghi. A tutti capita, prima o poi, di non riuscire a prendere sonno, o di svegliarsi molto presto, quando fuori è ancora buio. La notte è anche il luogo della nostra fragilità, come potevano sentirsi i nostri antenati, quando migliaia di anni fa erano in balia degli elementi e della natura? Quanto dovevano essere spaventose le notti? E quanto pericolose? Eppure la nostra specie ha superato quella barriera di notti perché ha presto capito che dopo il buio la luce sarebbe ritornata, una nuova speranza, la possibilità di cercare il cibo, di nutrirsi. Come sarà stato quando abbiamo capito che il fuoco scaldava, illuminava e migliorava il sapore del cibo? Quando abbiamo imparato ad accendere il fuoco, a ricoprirci di pelli? Era notte quando i primi artisti hanno dipinto un bue che salta? Cosa volevano esprimere? Il successo nella caccia o il timore dei grandi animali che ci attaccavano? Era notte mentre quell’uomo o quella donna hanno disegnato sulla pietra? Per millenni, fino all’invenzione dell’energia elettrica, abbiamo rischiarato la notte con olio vegetale o grassi animali. Tutti i grandi dipinti del passato sono stati realizzati dagli artisti sapendo che gli li avrebbero guardati non solo alla luce del giorno, ma anche alla luce delle candele.
Vincere
il buio è stata una delle nostre più grandi conquiste, anche se a causa di ciò
abbiamo perduto i cieli stellati, noi umani inurbati. Le grandi stellate che ho
visto risalgono agli anni delle vacanze calabresi o ai cieli sgombri lontano
dalle grandi città, in giro per tutta Italia, quasi tutta l’Europa, il
Nord-America e Israele. Mi mancano tanti cieli e tante notti, l’anno scorso
avrei dovuto ricominciare a viaggiare, andare in Russia e in Grecia, ma sono
rimasta chiusa in casa come tutto il resto del mondo. Arriverà un tempo dove
potrò andare di nuovo alla ricerca di quelle stellate che non conosco? Vedrò di
nuovo l’alba in un luogo dove non l’ho mai vista?
Le parole della notte
La
notte, il buio e le stelle,
le
stelle, il buio e la notte,
sono
inscindibili in me, nel
cuore
e nell’occhio, nella
memoria.
Per questo
tesso
la mia poesia con
questa
oscurità che mi
circonda
e cerco pace
nelle
parole che la notte
lascia
sulla soglia della
mia
immaginazione.
Ma
so accontentarmi anche di notti già vissute, sotto il cielo di Milano o nel
giardino della Casa delle Parole. Lì sono certa che vedrò le stelle, se le
nuvole non arriveranno a proteggerle dal mio sguardo indagatore. Oggi è stata
una buona giornata di silenzio e scrittura, e la notte è arrivata con il suo
passo di pantera e mi ha colto alla sprovvista. Così l’ho invitata in questa
Cronaca 541 di martedì 31 agosto del secondo anno senza Carnevale, una Cronaca
notturna e stellata, piena di promesse per il domani che verrà.
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