Oggi volevo pubblicare un brano dal mio primo romanzo Frammenti del tredicesimo mese, un brano che racconta un’estate a Milano in agosto. Ma come spesso accade, le mie intenzioni mattutine si piegano alla vicende e alla cronaca della giornata.
Le
immagini drammatiche dell’aeroporto di Kabul, il video della ragazza afghana
che piange e dice “a nessuno importa di noi, moriremo lentamente nella storia”
e per finire una fotografia manipolata, con la didascalia “New York 2001-Kabul
2021” dove vengono affiancate l’immagine degli uomini che cadono dalle torri
gemelle nel 2001, con quella degli uomini che cadono dopo essersi aggrappati al
carrello di un aereo che stava decollando. L’immagine prima è girata senza
censure su Facebook e poi velata dalla quella copertina grigia sfumata con la
dicitura “Contenuti riservati. Questa foto potrebbe mostrare immagini forti o
violente. Scopri di più. Vedi la foto”.
La
foto l’avevo vista stamattina, postata da un contatto che conosco a malapena,
ma poi l’ho rivista con la copertina, postata da alcuni intellettuali dei quali
ho grande stima. E mi sono davvero arrabbiata. Gliel’ho scritto nei commenti,
cosa che faccio di rado commentare i post altrui, non ho tempo e non mi
interessa, se ho visto o letto qualcosa che mi è piaciuto, metto il “mi piace”
o un cuoricino. Chiunque abbia avuto la pessima idea di creare quell’immagine ha
contribuito a rendere ancora più vani e inutili i nostri soliloqui sui social. Quando
l’etica soccombe all’estetica, allora come possiamo cercare di asciugare le
nostre lacrime di coccodrilli occidentali e pensare di poter davvero agire nel
mondo? I social ci danno l’impressione di stare agendo, di stare leggendo e
condividendo. La fruizione di ogni post varia dai pochi secondi per una foto, ai
minuti necessari a leggere uno scritto. E a dimenticarlo subito dopo. Perché la
nostra memoria si sbriciola sui social, ci relazioniamo quasi esclusivamente
con persone che hanno i nostri stessi interessi, l’algoritmo onnipotente ci
premia aumentando la visibilità dei nostri post in maniera direttamente
proporzionale al tempo che trascorriamo e alla quantità di “mipiacciamenti” che
mettiamo, e anche in base ai trending topic del giorno. Quando ho dedicato la
mia Cronaca alla scomparsa di Calasso e ai suoi due ultimi libri, ho quintuplicato
i miei lettori sia su Facebook che sul mio blog. Cosa c’è di reale in queste
bolle che catturano la nostra attenzione? Possiamo in qualche modo trasformare
dolore e indignazione in azioni efficaci e sensate? Non credo, non credo
proprio. Mentre sto scrivendo queste poche righe è scoppiato un temporale. Bisogna
fidarsi dei tuoni e delle saette, è un modo del cielo per ricordarci che siamo
creature terrestri e mortali. E la maggior parte di noi occidentali, per quanto
indignati e addolorati, siamo per lo più in vacanza, a guardare il mare o una
bella vallata alpina.
Questa
Cronaca 526 di lunedì 16 agosto del secondo anno senza Carnevale, è arrabbiata
e triste, due volti della stessa medaglia che si chiama impotenza.
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