Il tempo mite e non troppo caldo favorisce le lunghe ore di contemplazione seduta in fondo al giardino. Da lì posso guardare la Casa delle Parole e i suoi numerosi abitanti che vanno e vengono, ritornano e poi partono. Non mi sono mossa per tutto il giorno, ho mangiato pesche colte dall’albero, tiepide e profumate, ho bevuto l’acqua che zampilla dalla fontana e ride in una lingua che non conosco. Ho ascoltato le cicale frinire senza sosta e ho guardato il cielo, prima sgombro, poi attraversato da nuvole evanescenti e chiare. Il vento ha soffiato per pochi minuti e la pace del paradiso terrestre ha abitato con me nel giardino. Mi sorprende sempre come un pensiero cerchi subito il suo opposto e l’azzurrità della conca sopra di me, ha cercato invano il ricordo dei temporali.
Le cose senza lacrime
che mi stanno intorno
C’è
una pioggia che non
lascia
mai le nuvole, c’è
acqua
che mai evapora
dal
mare, c’è terra che
mai
diventerà linfa, tutti
sanno
che la metamorfosi
è
quasi sempre un atto
di
volontà e devono
queste
cose senza
lacrime
restare nella
forma
originaria per
ricordare
a ciò che
ritornerà
come dovrà
essere
il loro nuovo
stato.
Ma la materia
conosce
anche la grazia
di
abbandonarsi alle
trasformazioni
chieste
dal
cielo e dalle stelle.
È
cieca la materia, attratta
dalle
ombre, più ancora
che
dalla luce. E nemmeno
sa
ascoltare il grido delle
rose
che sbocciano a
ogni
ora in fondo al
giardino
e rispondono a
un
richiamo di cui abbiamo
perso
le origini e il senso.
Ora
che è buio posso tornare a casa, accendere le luci, lavare i pomodori sotto l’acqua
corrente che illumina il lavandino di pietra. Esco ancora a raccogliere un
mazzetto di basilico il cui profumo mi inebria e poi preparo una cena fatta di
poco e d’estate che danza tutta in questi colori e in questo silenzio.
Oggi
è domenica 8 agosto del secondo anno senza Carnevale e la Cronaca 518 vuole
andare a dormire presto, per ascoltare i grilli che riempiono l’aria del loro
canto dolce.
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