È bello ritornare in un luogo che abbiamo amato e riconoscerlo. Non succede quasi mai, perché il tempo piega i luoghi come gli oggetti e ci costringe a mutare con le sue misteriose leggi cui non possiamo sottrarci.
Così
sono ritornata a quel fiume che tanto ho amato in anni lontani, un fiume che
attraversava, e attraversa, i campi bruciati, e dà acqua alle querce e ai
fichi, ai campi di pomodori e poco altro. Accanto al fiume tutti i rumori si
attutiscono, i pesci col dorso d’argento scivolano poco sotto la superficie,
bisce d’acqua guizzano nere e arriva a gruppi, sempre più numerosi, quel che
resta del temporale selvaggio che ha attraversato la regione. A riva, l’erba è
ancora umida, ma posso sedermi a ricordare.
Le mie foglie divelte
dalla pioggia
Era
solo un fiume, era
un
ritorno, una scintilla
nella
notte, una stella
caduta
nel mare. Era
solo
un ritorno, era
quel
fiume chiaro che
continuava
a dire
i
nostri nomi, anche
quando
eravamo nella
città
silenziosa. Per
questo
siamo tornati,
per
sentire quelle voci
e
il vento, la voce del
tempo
e della nostalgia.
Che
il fiume non sopporta,
lo
sappiamo bene, e ci
indica
la strada per andare
verso
il mare. Dove non
siamo
mai stati, ma che
abbiamo
sognato. Per
questo
io sarò il legno
verde
che non ha mai
visto
il cielo e tu, proprio
tu,
che canti con una voce
che
mai raggiungerò, tu
sarai
le mie foglie che
la
pioggia ha divelto e
insieme
saremo albero
di
mare, allegro e salato.
È
una tessitura la nostra memoria, noi fissiamo l’ordito, ma la trama è
prerogativa del tempo, per questo dobbiamo arrenderci e lasciare che ci passi
attraverso e nel passare tenga sempre qualcosa di noi con sé.
Oggi
è martedì 3 agosto 2021, il secondo anno senza Carnevale, e questa è la Cronaca
513 che sta ancora camminando nel guado e aspetta che le stelle inizino a
specchiarsi nell’acqua sempre più scura.
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