Il silenzio e la città, un’antinomia che si è risolta solo una volta da sempre e per sempre, ad aprile del primo anno senza Carnevale, durante il grande lockdown. A parte le cantate sui balconi, poche nel mio quartiere, niente traffico e niente rumori umani. Oggi, anche se siamo in agosto, traffico abbastanza sostenuto, bambini capricciosi rimbrottati da genitori impazienti, muratori che lavorano in diversi cantieri con trapani, martelli pneumatici, seghe elettriche. Tutta Milano è punteggiata da ponteggi e i lavori in corso fervono anche in negozi che eravamo abituati a vedere uguali a se stessi da decenni. Potrei scrivere un campionario dei rumori cittadini, ma è molto più rilassante pensare al canto dolce dei grilli che sono tornati persino qui e regalano un’atmosfera di vacanza anche alla città in perenne mutamento.
La
maggior parte dei negozi chiuderà per ferie alla fine della settimana, uno dei
panettieri è già in vacanza, così l’aroma del pane è diventato solo uno sfumato
sentore. E non è che ci siano molti altri odori gradevoli nell’aria milanese. A
Parigi ricordo profumi di cibo fritto, pane e croissant burrosi, e un vento che
arrivava dall’oceano che era però così lontano. A New York odore salino
nell’aria e poi spazzatura, niente di poetico. A Londra l’odore del legno e
delle moquette nelle case vittoriane, a Dublino l’odore del tè al latte e dei
biscotti al burro, a Tel-Aviv l’odore inconfondibile della macchia
mediterranea, a Gerusalemme quello della pietra scaldata dal sole, a Catania
dominavano il profumo degli eucalipti e delle zagare, a Lisbona era l’aroma del
merluzzo al forno con le patate e quello del vino bianco, a Trieste l’odore
della resina dei pini e quello salino del mare. Ecco, ci sono cascata, la mia
passione per le liste mi ha portato a ricordare alcune delle città che ho visto
e visitato, in alcune ho anche vissuto per qualche giorno o settimana e che
voglia di tornarci. Così mi sa che dovrò fare una lista completa dei luoghi e
delle città che ho visitato. Che non sono poi molti, ma neanche così pochi. Sì,
che voglia di viaggiare, a zonzo per l’Italia e per la Francia soprattutto!
La luce nel suo
compimento
Un
viaggio non è solo
un
movimento del corpo
nello
spazio, un viaggio è,
più
di tutto, un lavoro
preparatorio
per la memoria.
Bisogna
fare spazio agli
incontri,
ai venti e ai volti,
lasciare
che le pagine
bianche
in noi, siano
pronte
a lasciarsi incidere
da
altre voci, da altri
sguardi
e diversi profumi.
Anche
la luce sarà diversa,
ma
non nel suo compimento:
lasciare
che ogni ombra
trovi
il suo rifugio.
Ho conservato tutte le mappe geografiche e le guide dei luoghi che ho visitato, so che hanno e avranno senso solo per me. Ma che bello leggere i nomi e ricordare almeno un’immagine, un suono per ognuno. Ora ci sono altre pagine abbastanza bianche, bianco è il colore dello stupore e l’età un po’ inficia la capacità di provare meraviglia, ma la poesia viene sempre a consolare e si lascia scrivere nell’aria e nel vento, nel momento dell’onda e nel mare. E poi qui, proprio qui, alla mia scrivania nella città mai più silenziosa, dove si compiono buona parte dei miei viaggi immaginari.
Oggi
è lunedì 2 agosto del secondo anno senza Carnevale e questa è la Cronaca 512,
incerta tra la paletta gialla e quella blu da abbinare al secchiello rosso per
la sabbia.
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