Non è mai scontato che un fiore diventi frutto, certo il fiore è la premessa imprescindibile, ma solo certi fiori diventano frutti, gli altri fiori appassiscono e basta. L’ho imparato osservando il melograno, dove il fiore rosso e così bello, già bastava a se stesso. E invece bisognava aspettare che il frutto esplodesse dopo la morte del fiore, quando i petali erano già caduti, e la stagione fredda iniziava ad avanzare. Me l’hanno insegnato anche mandorli, peschi e ciliegi. Nuvole di petali in primavera e poi frutti deliziosi in estate. Mi chiedevo, da bambina, perché fiori belli come la rosa e l’oleandro non dessero frutti, ma ho poi capito che, a volte, la bellezza basta a se stessa e non deve dare frutti per rendere gradevole la nostra vita. È un vizio di noi umani dare valore alle cose in funzione del piacere che ne riceviamo, continuiamo a credere che il Paradiso Terrestre sia stato creato per noi e non con noi.
La prima donna non
era paziente
Guardo
il fiore del ciliegio
e
mi chiedo se continuare
a
guardarlo e basta, oppure
raccoglierlo
e rinchiuderlo in
un
libro, o esercitare la sovrana
pazienza
e l’attesa, per avere
un
frutto tondo, perfetto
e
delizioso. Non so mai
cosa
mi dirà il cuore quando
guardo
il ciliegio o il melograno,
ma
so che ho imparato
l’attesa
e anche che non
sempre
è necessario mangiare
il
frutto per conoscere
ciò
che non sappiamo.
Sono
belle queste giornate estive passate in veranda a scrivere, con il giardino
davanti e la casa dietro, con il rumore del mare e del vento che soffia in
lontananza. Le cicale hanno cantato tutto il giorno e ora so che presto saranno
i grilli ad accompagnare la notte. È dolce l’estate, e basta a se stessa, non
ha nostalgie, non conosce rimpianti, vive nell’istante e si nutre di ciliegie,
cocomeri e poesia.
Oggi
è sabato 7 agosto del secondo anno senza Carnevale e questa Cronaca 517 è rossa
proprio come anguria, melograni e ciliegie.
Nessun commento:
Posta un commento