Anche il cielo si è fermato a guardare il salto della cerva in fuga. Arretra il cielo per far sì che lei possa arrivare ancora più in alto e sfuggire ai lupi che la inseguono. Ma poi le nuvole capiscono che la cerva non sta fuggendo dai lupi, ma sta giocando con loro. Così il cielo si ricompone e scende di nuovo verso la terra e osserva meglio quello che gli era sfuggito. In questa terra, nel nostro giardino, la cerva dorme accanto alla lupa, ma cosa cacceranno i lupi se i cervi sono amici? Non è tremendo essere condannati dalla propria natura ad annientare la vita di altre creature? I lupi non fanno certo domande e tornano nella foresta a procacciarsi del cibo. La mia cerva è salva, ma per quanto? Vado con lei fino allo stagno dove due libellule si inseguono sulla superficie, ci sono anche delle rane a mollo nell’acqua calma, e le canne ondeggiano nel vento che non arriva neanche a increspare l’acqua. Facciamo il giro tutto intorno allo stagno, ci sono delle nuove ninfee rosa e bianche e potremmo restare qui al sicuro. Ma il richiamo del bosco verde è troppo forte, troppo forte il desiderio selvaggio di essere libere e di correre. E allora lo facciamo, iniziamo a correre, lei potrebbe andare più veloce, la mia cerva, ma si adatta al mio passo. Se almeno avessi le tasche piene di sassi potrei giustificare questa mia lentezza, ma è il cuore stonato che mi trattiene e mi rallenta. Arriviamo sul limitare del bosco, là dove iniziano le colline tempestose di cui non intravediamo più le cime nei giorni di tempesta. Ma oggi il tempo è ancora chiaro e con la cerva vado sino alla fonte dove nasce il fiumiciattolo che attraversa queste terre. Le Montagne della Nebbia sono ancora più lontane delle Cime Tempestose e io vorrei tornarci, come ho già fatto tante altre volte quando vengo a rifugiarmi in queste terre. La cerva mi saluta e torna al suo branco, i lupi mi raggiungono e intonano il loro canto verso la luna che inizia la sua ascesa dietro le montagne. L’aria inizia a rinfrescare e io non voglio tornare a casa, non ancora, anche se non sono attrezzata per restare fuori di notte, è quello che vorrei fare. Ma sono i lupi a spingermi gentilmente verso il sentiero occidentale che mi riporterà a casa e loro scendono con me e mi fanno compagnia.
Amo
queste terre perché qui posso stare da sola senza dover dare spiegazioni a
nessuno. Il suono di un clavicembalo sale dalla Casa delle Stelle e mi fermo
ancora ad ascoltare Bach fuori dal tempo e in un luogo imprevisto. Adesso so
che sono tornati proprio tutti i miei amici e che potremo passare giornate
liete insieme, li ho chiamati a raccolta tutti, qui in questa terra dove
nascono le storie, perché questo è anche il luogo dove le storie vengono scritte
e si avviano alla loro naturale conclusione come il veliero alla fine approda
nella rada scelta dal capitano. Avrò condotto bene la mia nave? Troveremo acqua
dolce oltre le colline? Troveremo qualcuno che vorrà ascoltare questa nuova
storia della città silenziosa? Vado a scrivere le ultime pagine e poi inizierò
a leggere e anche tu leggerai, tu che conosci tutta la storia dall’inizio. E poi
inizierete a leggere anche voi e insieme sapremo se questa è una storia solo di
terra, o anche di mare e di cielo, di fuoco. Quel fuoco che mi brucia ma non mi
consuma, il fuoco delle parole vere, delle storie che iniziano a vivere anche
fuori di noi.
Oggi
è martedì 24 agosto del secondo anno senza Carnevale e sto scrivendo le ultime
parole di un libro per me molto importante, questa Cronaca 534 lo sa e mi offre
altro sostegno, un tavolo dove appoggiare il mio taccuino, una matita ben
temperata e il focolare acceso che illumina e scalda l’estate che sta finendo.
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