Il viaggio inizia con l’euforia, con il desiderio di scoprire nuovi luoghi, nuovi cieli e incontrare persone sconosciute. Di assaporare sapori inconsueti, di immaginare come sarebbe vivere in un altro paese o città. Noi umani abbiamo bisogno di cambiare, il nostro cervello ha bisogno di stimoli nuovi ogni giorno, abbiamo bisogno di imparare. Ma insieme a questo bisogno di movimento, a questa irrequietezza convive in noi il bisogno di stare, di costruire la nostra casa, il nostro rifugio, di creare un ambiente dove crescere i figli, condividere il tempo con le persone che amiamo, dare una dimora ai ricordi. Vogliamo allo stesso tempo una cosa e l’altra e nel tempo oscilliamo tra questi due movimenti della nostra natura profonda che sono imprescindibili. Abbiamo desideri polarizzati che si contraddicono, il nostro animo è una contraddizione e si parte anche per il gusto di ritornare, e poi si sta chiusi in casa pensando al prossimo viaggio. Ho familiarità con i lunghi viaggi di andata, e ritorno, in auto grazie alle estati trascorse in Calabria con la mia famiglia e poi ai vagabondaggi giovanili in giro per tutta Europa. Auto e campeggio continuano a essere una combinazione irresistibile per me. E ho sempre fantasticato sui viaggi, a partire dalla lettura infantile di Jules Verne e del suo romanzo Il giro del mondo in 80 giorni. Che bello viaggiare in compagnia di Phileas Fogg in un mondo che non esisteva neanche più. E poi Marco Polo e Il Milione, l’Odissea, e poi la scoperta di Bruce Chatwin, Nicolas Bouvier, Robert Byron, Patrick Leigh Fermor, Alexandra David-Neel, Isabelle Eberhardt, Paolo Rumiz, Predrag Matvejevic, Luis Sepulveda, Norman Douglas, Andrea Bocconi, Simone Perotti e Marco Steiner, di cui ho comprato oggi, Nella musica del vento e poi chissà quanti altri che sto dimenticando.
Ogni
libro è la promessa di un viaggio, un viaggio che qualcun altro ha compiuto e
poi ha voluto raccontare. I libri di viaggio sono un eccellente antidoto alla
nostra irrequietezza che niente riesce mai davvero a placare. I libri dove non
ci sono viaggi sono lo stesso uno strumento per viaggiare nel tempo e nello
spazio e poi ritornare, mai davvero uguali a chi eravamo quando siamo partiti.
Viaggiare è il
tradimento del focolare
Cerchiamo
l’ombra, nostra
sovrana
nei mondi nuovi e
poi
le orme di chi è passato
prima
di noi. Abbiamo Itaca
che
ci aspetta e il silenzio
declinato
nelle lingue che non
parliamo.
Forse avremo
circumnavigato
il mondo,
ma
quando torneremo,
il
cielo non sarà lo stesso e
nemmeno
il nostro mare
interno,
ce lo dirà lo specchio
l’enorme
cambiamento, quel
tradimento
del focolare che
abbiamo
distrutto e poi
ricostruito,
della barca che
abbiamo
sognato e che
ci
ha portato in ogni altrove,
in
ogni sogno, in ogni poesia.
Ecco,
sono pronta a partire, finirò il giro della stanza, saluterò la casa. E partirò
con un libro nuovo e un taccuino intonso.
Oggi
è venerdì 6 agosto del secondo anno senza Carnevale e questa Cronaca viaggiatrice
è la 516, ancor più desiderosa di andare di quanto non lo sia io.
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