Cantano le stelle anche di giorno, noi non le sentiamo e non le vediamo, ma il loro canto arriva sino alla superficie del mare e lo increspa.
Al
canto delle stelle risponde quello delle onde e noi non lo sentiamo, ma vediamo
le nuvole che si allontanano come i cerchi nell’acqua dopo che abbiamo gettato
un sasso.
Dopo
le onde è la volta della terra rispondere al cielo, ed è ombroso e scuro il
canto delle pietre e il canto delle profondità sulle quali camminiamo senza poterle
vedere.
Nelle
terra cantano le ombre che chiamano il sole più alto per farsi un po’ più
piccole e uscire insieme ai demoni meridiani che vanno a cercare anime dove
insediarsi, quando la calura è insopportabile e chi è rimasto fuori cerca
rifugio e refrigerio sotto le chiome degli alberi.
Quando
la terra eleva il suo canto fremono le radici degli alberi e la linfa scuote il
tronco e poi i rami e le foglie. Anche gli alberi cantano nella loro lingua a
noi ignota e solo il vento li ascolta e solo il vento li capisce.
Cade
il vento in un polla d’acqua e cade nell’ombra della rosa in fondo al giardino.
E come possono le rose non rispondere al richiamo del vento? È più sottile il
canto della rosa, è chiaro e luminoso e ci porta nel monastero di Heiligenkreuz
all’ora sesta mentre i monaci cistercensi stanno cantando e il tempo fugge da
quelle mura e si rifugia tra i campi, perché non riesce a sostenere la forza
del loro canto. Tutto ha un ordine, le ore del giorno come ogni lavoro e ogni
preghiera. Ora che cantano le antiche pietre del monastero, sono i libri
miniati che rispondono dallo scriptorium.
Lì
c’è una bambina che sta imparando l’antica arte della copia e ha dichiarato che
da grande diventerà un monaco per poter continuare a copiare i libri. Da quei
libri antichi il canto arriva sino a quelli allineati in una libreria di
frassino che rispecchia le età della vita di chi ha letto i libri e li ha
riposti dopo averli letti e sottolineati o comprati e messi da parte per il
tempo futuro che avrà bisogno di nuove parole. E canta quel legno che è stato
albero e l’acero davanti alla finestra risponde, perché è unica la lingua degli
alberi anche se ogni specie ha il suo dialetto segreto, e solo tra simili gli
alberi si capiscono anche solo facendo vibrare le foglie.
Ogni
vibrazione risponde a un richiamo, ogni vibrazione è suono e luce e mentre la
luce ci fa risplendere, il suono ci attraversa, si scompone e rimbalza per poi
ritornare verso le stelle. Perché verso le stelle ritorna ogni canto, perché le
stelle ci chiamano con il nostro vero nome, quello che mai nessuno ha mai pronunciato.
E
fu silenzio intorno alle stelle e giù fino a noi, e fu il silenzio primordiale
dove gli alfabeti ancora giacciono, frammenti di una storia senza autore, di un
canto senza voce, di una nota senza partitura.
Si
addormentano le stelle nel silenzio originario e aspettano che ciascuno di noi
pronunci la sua prima, vera parola.
Oggi
è giovedì 19 agosto del secondo anno senza Carnevale e questa è la Cronaca 529
che canta con me nell’ombra del monastero, canta il mistero e la bellezza di
tutte le cose e di tutte le creature, visibili e invisibili.
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