Più me ne sto chiusa in casa, più penso all’importanza
dei riti anche nelle piccole cose della vita quotidiana.
Il mattino presto, d’inverno quando fuori è ancora buio,
mettere la vecchia moka di famiglia sul fornello, aspirare il profumo del caffè
che sale, ascoltare il gorgoglio della bollitura, versare il caffè nella
tazzina preferita, sfogliare i giornali, uscire sul balcone a fumare la prima
sigaretta.
Andare a passeggio nelle strade fumando la prima
sigaretta. Quello che il comune vorrebbe impedire di fare ai fumatori entro il
2025. Lo scrittore Antonio Scurati, nell’articolo «Un
divieto ipocrita, fumerò all’aperto (senza disturbare)» definisce “la scelta della giunta meneghina
ipocrita e perfino ridicola”. Non sono una fumatrice, ma condivido appieno le
sue argomentazioni e la sua analisi e l’invito alla disobbedienza civile viste
le premesse. I milanesi vivono in una delle regioni più inquinate dell’intero
pianeta, gli spazi di libertà personale sono stati ridotti anche dalla
pandemia, il corpo patisce nello stare rinchiuso, “non esiste una vita immune”.
Ciò premesso cari amici e amiche fumatori e fumatrici – molti più di quanto i
moderni savonarola immaginino – se sarà necessario me ne andrò in giro per
Milano con la sigaretta accesa per difendere il vostro diritto di fumare in
un’aria pervasa dalle polveri sottili.
Ma ritorniamo ai piccoli riti della vita quotidiana senza
tenere in conto lavoro, fabbriche, uffici e scuole. Tengo in considerazione
solo i frammenti di tempo liberato durante la giornata: la pausa caffè, la
pausa pranzo, la passeggiata serale, la spesa prima di rientrare e provare
quella gioia del rientro di cui scrivevo ieri.
Un rito che adoravo da bambina era aiutare mia madre a
preparare la cena, apparecchiare la tavola e poi tutti insieme, il fratellino
ancora nel seggiolone, guardare il telegiornale delle venti. Il mondo entrava
nelle case solo a quell’ora, le notizie riguardavano cose accadute il giorno prima,
i commenti rispettavano i bilancini politici che hanno sempre governato la vita
pubblica degli italiani.
Poi c’era Carosello, le abluzioni serali, lavare i denti,
mettere il pigiamino, salutare mamma e papà e andare in cameretta con il
fratellino che non si faceva imbrogliare. Alle ventuno, quando iniziava il film
– lunedì, giovedì e sabato se la memoria non mi tradisce – tornare di soppiatto
in soggiorno e poco dopo sentire lo scalpiccio dei piedini rivestiti dalle
ghette del pigiama e vederlo sbucare e poi arrampicarsi in braccio a un
genitore e riaddormentarsi poco dopo tutto felice.
I riti serali della vita adulta non hanno più la
consolazione di qualcuno che viene a rimboccarti le coperte fino al collo,
spostare il cuscino perché la spalla sia ben posizionata e raccontarti o
leggerti una fiaba o cantare una ninna nanna per farti addormentare. Così mi
dedico da sola questa
Ninna
nanna del fiocco di neve
E adesso dormi piccolo fiocco, dormi
mentre ascolti la mia voce e sogni
di cadere, di lasciare la nuvola soffice
e scoprire il vasto mondo che sta laggiù.
Dormi mia piccola neve e copri con
il tuo candore tutta l’oscurità che abbiamo
intorno. Io sarò sempre dove sarai tu,
infreddolita e salva nei nostri sogni
di oro e rosa.
I riti serali degli adulti contemporanei spaziano dalla
play-station, alle serie tv divorate a tre puntate alla volta, al romanzo letto
come se, finalmente, si fosse approdati su un’isola dopo il naufragio. E poi ci
sono i vari social, il tempo che da frammenti si spappola, si scheggia e dalle
ore passate a compulsare lo schermo, non avremo ricordo e non avremo imparato
nulla.
Riprendere le lunghe conversazioni serali davanti al
camino acceso è uno dei privilegi della Casa delle Parole. Dare vita al tempo e
tempo alla vita, dare senso, costruire senso, lasciare libere le immaginazioni,
un buon bicchiere di vino rosso davanti o una tisana bollente. Poi mettere sul
fuoco la zuppa per il giorno dopo, impastare il pane per farlo riposare, uscire
a guardare le stelle che lontano dalla città silenziosa risplendono più che
mai.
Pensare che domani sarà un altro giorno, diverso o uguale
all’oggi che si sta ritirando, poco importa. Importa affrontarlo con quella
tazza di caffè bollente e i desideri intrecciati alla speranza di un
cambiamento. Siamo spinti da questa forza che diventa inerziale, cambiare per
andare avanti, stare fermi non fa parte della natura umana.
Preparo anche la caffettiera e inizio a riflettere sul
filo conduttore per la prossima Cronaca, che poi, come sempre, andrà per la
strada che avrà scelto.
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