Un giorno nuovo è un libro non ancora scritto, l’alba è una copertina dal colore mutevole che cambia stagione dopo stagione.
Ogni giorno speriamo che il suo svolgimento non sia solo
il lento srotolarsi di parole, luoghi e volti noti, ogni giorno vorremmo che il
nuovo facesse irruzione.
Sentiamo ancor più questo desiderio in questo inizio del
secondo anno di pandemia e il nuovo, ciò che prima non c’era o non faceva parte
delle nostre vite, arranca e soffoca.
Dobbiamo continuare ad aspettare, per questo accolgo con
gratitudine questo giorno che sarà simile ai 320 che l’hanno preceduto e guardo
la copertina polverosa, grigio tenue e inframmezzata dai segni lasciati dai
rami nel cielo chiaro.
Le pagine della mattina sono intessute di conversazioni
che sono nuove e già questo giorno prende una piega diversa, un formato del
libro non ancora sfogliato.
Ascolto la fontana, l’acqua e poi la pioggia che ne copre
il rumore. I pensieri si adeguano ai suoni che giungono dall’esterno.
Un
filo trasparente di nebbia e di gelo
Una voce che ripete le stesse parole,
una voce che ascolto in silenzio, anche
se il canto mi è noto, se la caduta è
vicina. Ha voce di gelo questa giornata
e l’acqua ha voce di sogno. Tutto è
avvolto in una coltre densa, tutto
quel che resta di ieri è un filo da
tenere saldo e sperare che ci sia
tu, all’altro capo, che mi stai cercando.
Filo e tesso i minuti con le parole, ascolto molto e non
parlo. Sono così belle le voci umane, mi piace sentir parlare di libri e di
stile, di letteratura e di scrittori. Anche uno scambio come questo, a
distanza, nutre questo giorno invernale che scende lieve verso la dimora finale
di tutti i giorni che l’hanno preceduto. L’eternità è un letto ampio e caldo, i
giorni non la temono e anche noi dobbiamo immaginare come sarà il tempo allora,
quando non ci saranno giorni e ore a farci da barriera.
Cammino
per cercare la tana della volpe
Sono piccoli i passi dell’inverno
quando un’altra stagione reclama
lo spazio per il suo prossimo arrivo.
La stagione fredda è l’unica che
si muove per forza di levare. Strappa
le foglie ai rami, la luce al giorno, ad
alcuni uccelli toglie il canto, ad altri
anche il volo e la terra lontana oltre
il mare è l’unico cielo davvero amato.
Si presenta così l’inverno, spoglio e
rude, ci sfida a sentire il mondo
nonostante il gelo. Ci sfida anche
la pioggia ad accompagnare la sua
voce fredda e noi andiamo, noi
andiamo seguendo le tracce
verso le tane e troveremo rifugio
proprio in fondo alla radura e
la volpe ci accoglierà nonostante
la nostra voce, che è un sibilo nel vento,
una preghiera che sta ancora cercando
Dio, e sale verso il tramonto privo
di rondini e di stelle, in alto, dove
Dio si nasconde e noi ci inginocchiamo.
Ora il pomeriggio ha terminato di scrivere le ore quiete,
sono stata bene, ancora a parlare di lingue e di stile. Posso affidarmi alla
notte e continuare a scrivere poesie, che sono la mia preghiera, il mio
desiderio e la mia immaginazione.
Questa è la Cronaca 321, scritta sabato 23 gennaio del
secondo anno senza Carnevale. Le poesie sono inedite e sono zampillate dalla
mia penna come l’acqua della fontana.
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