L’estensione, il movimento, la libertà di girovagare, viaggiare, bighellonare, andare a zonzo, passeggiare, ritornare, entrare, uscire.
Sono solo verbi, parole, immagini e desideri, poco altro
possiamo fare. L’esplorazione del mondo è una faccenda tutta interiore, per
questo continua il mio girovagare nelle terre ai piedi delle Montagne della
Nebbia. Un mondo che ho costruito nell’immaginazione e che mi conforta, e che
spero conforti anche voi, un mondo dove vivo quando la vita in questo livello
di realtà diventa pesante e questa pesantezza non accenna a diminuire, a darci
sollievo e respiro.
Apro a caso La via nomade di Anne Perrier:
Dovessimo cadere
che sia di uno stesso crollo
sfavillanti
e brevi come l’uccello
l’albero
il fulmine
e ancora:
L’azzurro delle lontananze mi trafigge
e tutto l’azzurro del vento
e fino all’anima
l’azzurro cavaliere della morte
È un profondo sentimento della caducità del tempo e dell’inevitabilità
della morte che pervade questo libro di Anne Perrier. Nella nostalgia di ciò
che un giorno pensa di non poter mai più vedere, scintilla la presenza della
vita, perché le nostre vite sono come le stelle che vediamo sfavillare nei
cieli notturni. La nostra luce si espande ben oltre la fine di questa forma
della materia e la poesia è sostanza stessa della nostra luce.
Perché scrivo queste cose oggi? Perché ho pensato agli
amici e ai colleghi perduti a causa del virus, perché i sogni indicano la
strada da seguire ogni giorno, perché le cose che accadono intorno e dentro di
me diventano gli abitanti di quella casa la cui architettura è la poesia.
Da cui traggo forza ogni giorno scrivendola e leggendola,
spesso rileggendola. Ecco, chiudo questa breve Cronaca 311 di mercoledì 13
gennaio del secondo anno senza Carnevale con un’altra quartina di Anne Perrier:
Alzata prima dell’alba
getto al vento queste parole
manciata di semi dedicati
al mondo alato del giorno.
Il libro La via nomade è tradotto da Monica Pavani
e pubblicato nel 2005 da Luciana Tufani Editrice
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