Sto chiusa nelle case come una chiocciola nel guscio, scrivo, lavoro, leggo e guardo. Lascio correre i pensieri, inseguo i ricordi, riscopro volti dimenticati e luoghi dove vorrei tornare. Di solito riesco a farmi bastare le mie immaginazioni e la scrittura che ne scaturisce.
Ma non oggi, oggi sento nel corpo la voglia di andare, di
andare da qualunque altra parte. Di prendere la macchina e di partire.
Comunque andare,
canta Alessandra Amoroso e oggi mi sento proprio così e una canzone mi
rappresenta, come quando ero ragazzina e oscillavo tra Claudio Baglioni e Fabrizio
de André; i Genesis e i Beatles.
Così oggi guardo e ascolto su Youtube il video e mi
immagino a guidare una delle vecchie auto con cui ho esplorato l’Europa ed è di
nuovo l’immaginazione a darmi rifugio in un’epoca in cui il corpo è costretto a
non muoversi.
Se anch’io che ho un’anima monacale e un’inclinazione a una
vita di studio e contemplazione, provo sofferenza per questa prigione
invisibile che è il virus, come si sentiranno milioni e milioni di persone,
soprattutto i giovani, costretti all’immobilità? Male, è ovvio, perché noi
umani siamo animali migranti, abbiamo gambe e piedi fatti per camminare, non
per stare seduti davanti a uno schermo dieci ore al giorno. Eppure è quello che
noi occidentali facevamo comunque già prima della pandemia e il mondo non lo
esploravamo più attraverso i nostri sensi, ma sempre mediati dallo schermo di
uno smartphone.
Così mi viene da pensare che questa pandemia sia
perfettamente in linea con lo spirito del tempo, perché senza tutta questa
tecnologia saremmo allo sbando e perduti, ancor più impotenti.
Le notizie che arrivano dal mondo sembrano indicare una
crescita costante di nuovi contagi e di morti, mentre le vaccinazioni crescono
lentamente. L’immagine che mi viene in mente è un’onda di tsunami che si
avvicina e noi che stiamo cercando di innalzare una barriera con sacchi di
sabbia mezzi vuoti, ma non possiamo non farlo.
Faccio fatica, faccio fatica oggi a stare ferma, così me
ne vado in cima alla collina di Solsbury, che ho momentaneamente posto ai piedi
delle Montagne della Nebbia, con Peter Gabriel, c’è un video molto bello che è
un montaggio di varie performance dal vivo di Solsbury Hill e lui attraversa
molte età della sua vita, e ascolto le sue parole:
“vedevo le luci della città
soffiava il vento, il tempo era sospeso
un’aquila volava via nella notte
uno spettacolo da osservare
venne vicino, udii una voce
che mi fece tendere allo spasimo
non avevo scelta, la dovevo ascoltare
non credevo a quello che mi veniva detto
dovevo solo affidarmi all’immaginazione
mentre il cuore batteva a mille”.
Ogni scelta è arbitraria, ogni scelta taglia via tutte le
alternative che non abbiamo preso in considerazione e determina come
proseguiremo la nostra vita.
Sento che siamo sull’orlo di un cambiamento epocale,
continuo a fantasticare che il virus sparisca e torni da dove è venuto e ci
lasci riprendere il corso delle nostre vite, fuori dagli smartphone e dai
collegamenti.
Quando sento che qualcosa sta per accadere vado a
riascoltare vecchie canzoni, una in particolare In the Air Tonight di
Phil Collins, con un testo molto duro, ma che mi riporta in mente l’atmosfera
di quel lontano mese di settembre in cui l’ho ascoltata per la prima volta,
mentre tutto stava per cambiare nella mia vita.
Cosa accadrà, dunque? Continuo a chiedermelo e le risposte
arriveranno inaspettate, arriveranno forse dalla poesia.
Forse quello che conta è solo andare e nella
solitudine immaginare
Forse non era la regina a
dover restare, forse bastava
immergere le mani nella
fonte e portare l’acqua sino
al viso, forse dovevamo ancora
camminare con la faccia nel
sole e non chiedere riparo alle
ombre, ma sfidare la luce a
farci affilati e veri. Forse camminare
è l’unica risposta, non importa se
in una fredda mattina di gennaio o
in una più invitante mattina di ogni
altra stagione. Forse la regina si è
addormentata accanto alla fonte e
lì dormirà sino al nostro ritorno.
Forse quello che conta è solo andare.
Questa è la Cronaca 313 del secondo anno senza Carnevale
e oggi è venerdì 15 gennaio. Forse quello che conta è solo andare e nella
solitudine immaginare, è una mia poesia inedita che ho scritto oggi
pomeriggio.
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