Ogni giorno prende forma dai primi barlumi di luce che
attraversano il cielo e la coltre delle nuvole.
Pensieri si affastellano tra le nubi e la luce, la forma
del giorno è determinata da questi elementi e si insedia tra noi e il tempo
ogni volta con un guizzo nuovo.
Così come non ci sono due nuvole o due fiocchi di neve
uguali, così nessun giorno assomiglia a quelli che lo hanno preceduto o a
quelli che lo seguiranno.
In questa alternanza di luce e buio le nostre vite
vengono cesellate e sempre è presente un’ombra nella luce più assoluta e sempre
è presente la luce anche nella notte più fonda.
Mi piace osservare e registrare come la forma del giorno
si modella nelle mani del Grande Vasaio che è il Tempo e questa giornata ne sta
uscendo come una semplice ciotola di terra chiara e frammenti di turchese che
mi ricordano che nessun cielo risplende invano.
Anche in gennaio ci sono cieli azzurri, anche se a me
paiono sempre inappropriati perché i colori dell’inverno sono i grigi, i
marroni, il nero più cupo e i bianchi spiazzati dalle impronte dei nostri corpi.
Oggi ho strappato al cielo quel po’ di colore che mi
serviva per vivificare queste mie parole e respirare quell’aria che, senza
mascherina e lontana da tutti, mi ha rigenerato.
Vivere questo tempo di pandemia, la cui fine è ancora
lontana secondo le ultime stime di alcuni virologi, è un po’ come lavorare a
maglia: conosci i punti, li alterni, segui lo schema poi vai a capo e
ricominci.
Assomiglia molto anche alle pagine di compiti che mi ero
data l’estate prima di iniziare la scuola elementare: file ordinate di aste e
bastoncini, righe di vocali, righe di consonanti, imparare così l’ordine alfabetico
e alla fine capire di avere imparato l’alfabeto intero e riempire altre pagine
per arrivare a compitare le prime parole complete. Un nome, un cognome, il nome
della madre, il nome del padre, il nome del fratellino. E poi casa, sole,
cielo, fiore, nuvola, pioggia, domani, oggi, porta, tavolo, pomodoro, pasta,
acqua, mare, terra, orto, vaso.
Il mondo entra in noi non solo con la potenza delle
immagini che guardiamo, non entra in noi solo con la forza dei suoni che
ascoltiamo e che aprono il nostro orecchio al significato delle parole.
La vera conquista del mondo è quando riusciamo a leggere
una parola e poi un’altra, un’intera frase e dare un senso a ciò che abbiamo
letto. E il mondo è davvero nostro quando riusciamo a scrivere ciò che vediamo
e poi ciò che immaginiamo. Allora l’alfabeto non è più solo un dovere da
scolari, ma lo scrigno che racchiude tutte le meraviglie che ci aspettano. Più vasta
è l’esperienza più ricco sarà il nostro linguaggio, più vaste saranno le
letture e il nostro mondo interiore si espanderà. Forse, da bambini, contano
più le letture che l’esperienza e imparare a viaggiare con la fantasia può
sopperire alla mancanza di movimento e relazioni nel mondo reale. Perché vedete,
il mondo digitale non è davvero reale, per me non lo sarà mai fino in fondo. E credo
anche che affrontare questa pandemia con i libri come alleati sia una
possibilità concreta di non sprofondare nella disperazione.
Certo, la maggior parte dei libri che amiamo leggere
appartengono a un’epoca cui non apparteniamo, ma con un libro in mano, ed è l’unico
modo per farlo, noi sovvertiamo l’ordine del Tempo.
Questo giorno è diverso dai giorni che l’hanno preceduto
ed è diverso da quelli che seguiranno. Ho letto parole che non conoscevo, ho
scritto parole che non conoscevo e mi preparo ad affrontare il buio che viene
con la piccola luce della mia speranza concreta, che i vaccini funzionino
presto e bene, e con un desiderio quasi infantile di scoprire che il virus che
ci affligge è sparito, come accadde con quello della Spagnola 102 anni fa.
Affrontiamo la notte ben attrezzati e non lasciamoci
andare alla tristezza, non pensiamo troppo a ciò che è stato, pensiamo a ciò
che è oggi e ora. Pensiamo a ciò che potrebbe essere e assecondiamo la forma
del giorno che ci avvolge e ci sostiene.
Oggi è venerdì 8 gennaio del secondo anno senza Carnevale
e questa è la Cronaca 306.
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