sabato 9 gennaio 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/307: nell’orizzonte del nostro sguardo disegniamo l’architettura del silenzio



 

Non ci pensiamo quasi mai, non pensiamo mai al silenzio che è il sostegno di ogni voce e di ogni suono.

Ci penso quando guardo il cielo notturno, lontano dalla città che era silenziosa, nell’incanto delle mie Montagne della Nebbia, dove le stelle sembra che si sporgano a guardare verso di noi.

Ci pensavo questa mattina, quando guardavo le sagome nere dei rami spogli allungarsi verso il cielo ancora bianco. Fa troppo freddo perché nevichi e sono bastati pochi refoli di un vento sottile a far uscire, per qualche istante, uno sprazzo d’azzurro.

Il silenzio sta anche nelle cose, non solo nell’aria, e dargli una forma, contribuire alla creazione quotidiana della sua architettura, è un compito cui non possiamo sottrarci.

Sono silenziosi gli alberi sino a quando non arrivano pioggia e vento. Sono silenziose le strade solo quando noi umani dormiamo.

Sono silenziose le parole, come rondini nel nido, se non siamo noi a chiamarle e quando arrivano incidono l’aria, la spostano. Così come mutano in maniera indelebile tutto lo spazio bianco della pagina. Le parole non vincono mai perché il bianco del silenzio continua a circondarle, ne è la cornice e il sostegno.

Cos’altro sostiene il silenzio se non le parole scritte e pronunciate? I rami dell’albero oscillano e il cielo invernale restituisce un alfabeto dei ricordi che ci permetterà di leggere tra i molti segni proprio quelli giusti per riportare alla luce memorie antiche.

Ascolto la pioggia cadere e il silenzio si veste di gocce che cadono, inseguendosi l’un l’altra, amando la caduta.

Ascolto la neve che è silenziosa e canta con le forme tutte diverse di ciascun fiocco. È un silenzio contagioso quello della neve, perché tutta la città se ne ammanta.

Ascoltare il silenzio della notte significa insonnia, significa vivere una dimensione spazio temporale da cui la nostra natura ci difende da sempre. Dover lavorare di notte stravolge il ritmo della vita e ci sposta in circuiti di senso dove domina la fatica.

Ascoltare la calma di vento, soprattutto dopo una tempesta, pacifica gli animi più irrequieti e lascia che voci più quiete si mostrino nell’orizzonte del nostro sguardo.

Vento e voce si inseguono per dare forma al mondo e la musica è l’unica sovrana di quel regno silenzioso cui noi accediamo in punta di piedi.

Nel convento di Colorno, dove risiedono i poeti che sono passati a visitarci, il silenzio è vivo e conforta il pensiero e la poesia.

Sa fermarsi, la poesia, di fronte a un silenzio sovrumano e sa inchinarsi e naufragare così come richiesto dal sommo poeta.

Poesia e silenzio sono compagni di viaggio molto particolari, dipendono entrambi da una voce umana che sanno, però, dominare.

Per questo la poesia mi parla quando taccio e mi ascolta quando parlo. E il silenzio?

Il silenzio ascolta e ascolta. Le nostre voci lo scontornano, l’alba lo cesella e lo dona ai monaci prima del canto, il sole a picco del mezzogiorno lo fa schiantare sulle pietre e la dolce notte che arriva, gli apre le braccia come un’amante ritrovata.

Ho molto bisogno di silenzio in questo nuovo anno senza Carnevale, ho bisogno di quel silenzio che precede la poesia.

Questa è la Cronaca 307 e oggi è sabato 9 gennaio del secondo anno senza Carnevale.

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