Per quanti sforzi abbiamo fatto nel corso degli anni non
siamo ancora riusciti a perfezionare il governo del tempo e il desiderio di
avere la neve d’inverno. Molte e molte stagioni fredde sono passate senza il
sollievo della coltre bianca che sembrava in grado di ripulire ogni sporcizia,
guarire i malanni e ridare fiato al silenzio che, in città, sentivamo solo
quando c’era la neve. Ora il silenzio lo percepiamo ogni sera e non sempre è un
silenzio che ci dona sollievo, spesso il silenzio serale, apre vortici di senso
nelle nostre vite e ci trova impreparati a reggerne il peso. Siamo una delle
civiltà umane più rumorose di sempre e non viviamo senza una colonna sonora e
musica di sottofondo. Ma dal primo anno senza Carnevale abbiamo dovuto imparare
anche questa nuova dimensione di assenza di suoni umani nelle città, assenza di
suoni che andavamo a cercare in campagna, montagna e al mare. Alla mancanza del
silenzio si sono aggiunte via via altre mancanze e com’è triste non poter
viaggiare.
E poi oggi piove e piove, continuerà a piovere e il cielo
cercherà invano di abbracciare la terra. La pioggia porta messaggi attraverso
le gocce, ma la terra è rinchiusa nei sogni invernali e non si interessa ad
altro che al calore che arriva dalle profondità del suo nucleo incandescente. Si
perde, poi, ad ascoltare le conversazioni di funghi e radici e non ha tempo per
il mondo di sopra che soccombe alla pioggia e alla paura.
Siamo imprigionati in una favola triste il cui esito è
ancora imprevedibile, ma non è colpa dell’anno nuovo. Stiamo pagando l’illusione
di governare le nostre vite che ha impregnato l’Occidente negli ultimi 75 anni,
dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Abbiamo capito, abbiamo capito ora perché l’illusione si
è infranta e ciascuno di noi, dal suo angolo di mondo, sta scrivendo una storia
collettiva che riguarda e riguarderà noi e soltanto noi, perché nel futuro
questa pandemia sarà ricordata insieme alla Spagnola e tutti noi saremo
soltanto vite a margine.
Ma anche le vite a margine, le vite dolorose, le speranze
infrante, hanno bisogno di parole di consolazione e di parole di speranza.
Il senso della pioggia e il senso della neve
Raccolgo qualche goccia nell’incavo
della mano, ne valuto il calore,
ne ammiro la lucentezza e
sogno di avere non gocce di
pioggia, ma fiocchi di neve a
sciogliersi nel mio calore.
Pioggia e neve non sono che
due stati provvisori della stessa
materia e arrivano entrambe
come un dono del cielo. È questa
la verità, semplice come solo
la verità sa essere. Arriviamo
tutti da un altro luogo, abitiamo
una forma che muta, diventiamo
qualcosa d’altro e poi ritorniamo
nel cielo, dove le nuvole ci chiamano,
dove le stelle ci accolgono. Ma
sempre per un tempo troppo breve,
perché la terra, con il suo guscio
azzurro intorno, canta a voce così
alta che nessuno di noi, nessuno
resiste e andiamo e torniamo
tra il tempo e la realtà come
su un’altalena. E oggi cadiamo,
qui, come pioggia e non come
neve.
E così sono arrivata alla Cronaca 300, la seconda Cronaca
dagli anni senza Carnevale e oggi è sabato 2 gennaio 2021. Il senso della
pioggia e il senso della neve è una mia poesia inedita che ho scritto in
questo vasto giorno di pioggia e non di neve.
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