Attraversare la notte è un’impresa che va preparata sera dopo sera. Nessun buio è uguale a un altro buio: il buio può essere inchiostro, carbone, velluto, stella, pupilla, velo. Frammenti di luce passano attraverso e gli danno forma, così che del buio stesso possiamo non avere paura. La notte ha sempre avuto, per me, una connotazione positiva grazie al silenzio e al tempo liberato tutto mio, che potevo utilizzare per leggere, studiare e scrivere. Tutto si fa denso nella notte e trova il giusto spazio per essere declinato. Molto di rado mi capita di non riuscire a lasciarmi andare al sonno e ai sogni, ma quando accade ho imparato a non combattere questa dimensione di veglia che sfida la stanchezza e a declinare liste di cose che mi piacciono.
Il germoglio del giorno nuovo
Mi
commuovono molte cose,
le
strisce rosse di papaveri
lungo la
massicciata della
ferrovia,
i nidi nuovi delle
rondini
sotto il mio tetto,
l’albero
bellissimo ripiegato
su se
stesso e il profumo del
gelsomino
che nel buio si
estende
e sale verso la mie
finestre,
l’acqua che zampilla
nella
fontana e pare stia
parlando
alle rose in fondo
al
giardino. Questi sono
i miei
compagni notturni,
insieme
a loro attraverso
il tempo
e sfioro il germoglio
del
giorno nuovo che busserà
alla mia
porta per chiedermi
permesso.
La lista
delle cose che mi commuovono è molto, molto più lunga, ma la notte è troppo
breve per diluirla in una sola poesia come questa della Cronaca 445 di giovedì
27 maggio del secondo anno senza Carnevale.
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