La
ragazza dormiva a braccia conserte su un tavolo di pietra, la testa appoggiata
sulla sommità e il viso rivolto verso il cancello. La vidi per la prima volta
una mattina molto presto, c’erano ancora i canti dell’alba che risuonavano dai
nidi e le rondini sfrecciavano intorno a lei, senza svegliarla. Mi chiesi come
potesse dormire con quel festoso frastuono, mi fermai qualche istante ancora,
ma lei non si svegliò. Il giorno successivo passai di nuovo davanti alla villa,
era quasi mezzogiorno e la ragazza dormiva nella stessa posizione del giorno
prima. Non c’erano più le rondini a sfrecciare nel cielo, ma il suo sonno
sembrava protetto dalla medesima veglia della natura intorno che sembrava
volerla proteggere. Poi fu che non ci pensassi più, salvo incrociare la sua via
andando verso il caffè dove mi ero dato appuntamento con gli amici. Mi fermai
al cancello e la ragazza dormiva sempre, sembrava che non si fosse mai mossa,
il viso era rilassato e di un bell’incarnato, la vestaglia giapponese bianca a
rosa, ricamata con grossi fiori viola e oro, nella luce morbida del pomeriggio
luccicava ancora di più. Rimasi fermo per qualche istante, ma lei non si mosse
neanche quel giorno, così ripresi la mia strada. Fu solo la settimana
successiva che notai un cambiamento, la vestaglia, forse era davvero un kimono,
era turchese e verde smeraldo. Sulla schiena si intravedevano delle canne di
bambù ricamate finemente, di un verde più tenue ombreggiato di un color giada
che faceva rilucere la figurina addormentata. Da quel giorno non potei fare a
meno di passare per controllare che quel sonno fosse sempre profondo e protetto
dal fitto giardino che circondava la villa. La vestaglia di seta, la prima
volta che passai da lì al tramonto, era rosso fuoco, striata di arancione, l’insieme
dava l’idea di un incendio appena scoppiato. La ragazza dormiva sempre, mi
chiesi una volta di più cosa stesse sognando, battei la punta del bastone
contro la cancellata, ma a sfrecciare via furono le rondini che volavano basse,
mentre lei non si mosse. Fu nella quarta settimana che la mia impazienza ruppe
indugi e scrupoli, girando intorno alla villa avevo intravisto la possibilità
di arrampicarmi sul muro di cinta e poi da lì appendermi a un ippocastano dall’aria
robusta e lasciarmi poi dondolare giù sul prato. Ero certo che non ci fossero
cani da guardia, né giardinieri che avrebbero potuto fermare la mia intrusione.
Quel pomeriggio la ragazza indossava una vestaglia di seta nera ricamata con
delle rondini dorate. Il suo sonno imperscrutabile non cambiava mai e io ero
deciso ad assistere al suo risveglio. Mi sedetti al riparo di un cespuglio poco
distante dal tavolo di pietra e dalla fanciulla addormentata. E poi accadde che
il grande portone di legno intarsiato della villa si aprisse e sulla soglia
apparisse una fanciulla identica a quella che stava dormendo. Sugli avambracci
tesi portava un chimono di broccato arancione e oro, copia identica a quello
che lei stessa indossava. Fu un attimo e tutto un frullare di ali, perché le
rondini d’oro posate sulla fanciulla addormentata presero il volo. Ma lei non
si mosse, non poteva muoversi, era una fanciulla scolpita nel marmo e dipinta
con una tale maestria da sembrare viva. Chi aveva compiuto quel miracolo
compositivo aveva certo studiato le antiche sculture greche che, benché giunte
a noi prive di colori, ne conservano tracce quasi invisibili. Lo sapevo per
averne letto in un libro studiato ai tempi dell’università. Il miracolo della
fanciulla addormentata era ancor più intenso per via della vestaglia di seta. Quella
viva indossava una vestaglia dal taglio tradizionale, mentre quella per la sua
sosia che sempre dormiva, era tagliata e cucita in maniera tale da caderle
addosso con pieghe perfette. Il corpo era roseo e perfetto, i piccoli seni
sbocciavano da un petto elegante come le spalle e il collo. Guardai la
fanciulla, che era ormai accanto alla sua sosia e non ebbi più dubbio alcuno
che lei ne fosse stata il modello. Con gesti rapidi e sicuri aveva denudato la
statua e sostituito la vestaglia. Poi si era seduta accanto, sulla panchina e
aveva assunto la stessa posizione. Le rondini dorate, che vidi di nuovo solo
per qualche istante, si posarono sulle mani delle due ragazze. Anche l’altra,
quella che respirava, si era addormentata e il mio occhio non riusciva più a
staccarsi. Temetti di stare impazzendo perché capii di essermi innamorato, ma
non della fanciulla di carne viva. Io bramavo quell’essere di pietra che
chiamava a sé le rondini d’oro e l’incendio della sera. Sentii un cigolio e
vidi che il grande cancello era aperto, qualcuno mi stava invitando a lasciare
il giardino e le fanciulle addormentate. Imboccai così il sentiero con in cuore
la promessa di tornare l’indomani. Volevo svelare quel mistero e baciare quelle
labbra più fresche anche dell’ultima rosa.
Ho scritto
questa Cronaca 424 suggestionata dall’immagine del quadro High Water del pittore russo Andrey Remnev che ho scoperto su
Facebook grazie a Jean-Philippe de Tonnac. Scrivere a partire da un’immagine è
un percorso che sto facendo con Valentina Durante e Giulio Mozzi, che ringrazio.
Le immagini ci parlano e non sappiamo perché, noi rispondiamo con le parole,
che delle immagini sono compagne. Oggi è giovedì 6 maggio del secondo anno
senza Carnevale.
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