Quando lo spazio è denso di angoli e variazioni, non mi viene mai in mente di immaginarlo vuoto. La percezione del vuoto è qualcosa che la mente fatica a decifrare, soprattutto perché non c’è un solo tipo di vuoto, ogni sguardo coglie soprattutto il vuoto che gli è consono. Io cerco proprio il vuoto degli angoli che sono rifugio e punto di osservazione allo stesso tempo e poi nell’atto del guardare colgo elementi visivi, uditi e olfattivi che senza la giusta attenzione restano in sordina.
Lo sguardo invaso dai girasoli impazziti di
luce
In
questa piccola casa confluiscono
tutti i
venti e le ragioni, si
incontrano
le isole e i fiumi, pochi
passanti
e tutte le conversazioni
che sono
rimaste appese ai rami
degli
alberi sotto le sue finestre.
Arrivano
anche il profumo dei
gelsomini
e le grida delle rondini
in
picchiata, che ridono e gridano
come
bambini nelle nostre orecchie
già
estive e invadono lo sguardo
di
girasoli impazziti di luce.
Dopo il
lungo, ma ricco e fecondo, letargo della pandemia, in questa primavera che se
ne sta nascosta nel mantello dell’inverno, pian piano abbiamo iniziato a
uscire, come le marmotte e gli orsi dopo il letargo. Facciamo la conta del
mondo intorno e noi, ci preoccupiamo di chi non abbiamo più visto e sorridiamo
a tutti quei segni della vita che sta ritornando: un bambino di un anno e mezzo
al massimo che insegue un piccione porgendogli una patatina, donne che cercano
vestiti estivi in una bancarella, un pittore dilettante che ritrae la chiesa e
la piazza, i gelsomini fioriti, davanti ai quali passo avanti e indietro
inebriandomi del loro profumo, sino a quando non sento più nulla, il mio
olfatto è talmente impregnato che ha smesso di funzionare. Così mi allontano un
poco, poi ritorno, per fortuna è breve la memoria dei gelsomini, si sono
dimenticati della mia presenza e si lasciano odorare.
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