Scrivere
delle nuvole, guardarle e fotografarle o dipingerle non è niente di
eccezionale, ma è una delle mie attività preferite. Perché le nuvole sono imprendibili
e mutevoli, quando abbiamo finito di descriverle già non esistono più, così
come i nostri pensieri, le sensazioni e le emozioni. Le nuvole appartengono al
passato come tutto ciò che è in nostro potere cantare. La particolarità delle
nuvole, come dei fiocchi di neve, dove mai ne troveremo due uguali anche se
potessimo restare per millenni con il naso all’insù a osservarle.
Nell’articolo
“Le mille e una nuvola” sul suo bellissimo blog Didatticarte, che vi invito a
esplorare, Emanuela Pulvirenti ricorda Gavin Pretor-Pinney autore di Cloudspotting:
“Cosa
c’è di più bello di un cielo azzurro? Un cielo pieno di nuvole”.
Seguono
poi immagini dei quadri di John Constable, Mallord William Turner, Caspar David
Friedrich e Gustave Courbet. È un articolo talmente interessante che spesso
vado a rileggerlo e a guardare le immagini che lo corredano.
Ma
perché sono ossessionata dalle nuvole? Oltre che dal cielo, dalle foglie, dagli
alberi, dall’acqua, dalle ombre, dalla luce, dal vento, dal mare e via
elencando?
Osservare
le nuvole non è solo godimento estetico, le immagini delle nuvole sono chiavi
che aprono porte con serrature che non combaciano.
Quando
guardiamo una nuvola, la seguiamo nel suo cammino, lento o veloce, poco
importa, ecco che mille forme si manifestano e poi svaniscono e nel guardarle
noi ci troviamo a immaginare, altre forme e altri luoghi.
Nel
nostro nuvolario personale una nuvola non è mai soltanto una nuvola, una nuvola
è una porta o una finestra e attraversandola giungiamo in un luogo rarefatto
della mente dove pensiamo per immagini prima e per parole poi.
Una nuvola, due
nuvole, molte nuvole
Osservare
le nuvole è davvero
il
lavoro perfetto per imparare
a
guardare e poi a stare nel
tempo
e nell’impermanenza
di
tutte le cose, perché le nuvole
sono
filosofe naturali e sanno
che
le risposte stanno nelle domande
e
nell’altrove, in tutti i luoghi da
cui
proveniamo e in quelli verso
cui
andiamo. Andiamo? Ma non
è
certa la direzione e neanche
il
senso. Come scriveva Jean Cocteau
per
la poesia, lo stesso possiamo
dire
di tutte le nuvole. A cosa servono
dunque
le nuvole? Sono indispensabili.
Ma
non so per cosa.
Oggi
ho guardato molte nuvole, nel cielo, nei quadri, nelle fotografie e sono piena
di gioia. Sì perché le nuvole mi fanno questo effetto e anche i pensieri sono
più leggeri dopo averle guardate.
Questa
è la Cronaca nuvolosa numero 439 di venerdì 21 maggio del secondo anno senza
Carnevale, le nuvole della fotografia sono antiche nuvole del 2013 viste a
Torri del Benaco sul lago di Garda.
Nel
nuvolario delle Cronache, ogni Cronaca cerca la sua poesia e la sua nuvola e io
mi incanto a guardarle sdraiata sulla mia.
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