Oggi non ho camminato nella città silenziosa e nemmeno nelle terre ai piedi delle Montagne della Nebbia. Ho scritto e letto molto, poi mi sono immersa nel documentario Il mio amico in fondo al mare, in realtà era una femmina di polpo, che ha appena vinto il premio Oscar. La storia è bella e toccante, Craig Foster stava attraversando un profondo momento di crisi esistenziale, quando decide di tornare a Cape Town nella casa di famiglia che dà sulla False Bay e inizia a immergersi ogni giorno in questo paesaggio marino dominato dalla foresta di alghe giganti Kelp. Durante queste immersioni incontra un polpo o piovra, che inizia a seguire nella vita quotidiana e di cui diventa in qualche modo amico, arrivando anche a stabilire un contatto fisico. Ci sono scene di una bellezza assoluta, questo paesaggio sottomarino è un luogo che pochi esseri umani potranno visitare di persona, quel che noi possiamo vedere è una precisa scelta dello sguardo di Craig e degli altri realizzatori del documentario Pippa Ehrlich e James Reed e la loro narrazione. Neanche la natura è davvero naturale, intatta, intoccata, perché dove passa un essere umano, il suo sguardo e la sua narrazione ritagliano e ricostruiscono per condividere con il resto della specie ciò che è stato visto e amato. Tra le tante scene struggenti ne cito solo due: in uno dei primi incontri la piovra, ancora diffidente, si riveste di conchiglie vuote attivando gli otto tentacoli e le duemila ventose, sino a sembrare una roccia ricoperta di gusci; la seconda scena, brevissima, riprende il canto delle megattere che è uno dei suoni più ipnotici che ci sia dato ascoltare.
C’è vita
ovunque intorno a noi, malgrado noi esseri umani, e queste vite, i loro habitat
naturali sono, come sappiamo da tempo, messi a repentaglio dalle nostre azioni.
Ma non voglio entrare in questo ambito di riflessioni e preoccupazioni. Già dopo
avere letto Oliver Sacks non sono più riuscita a mangiare il polipo in insalata
con le patate o saltato in padella con il pangrattato. Dopo avere visto questo
documentario credo che mi sarà impossibile, mi sono interrogata a lungo su
questo mio lento avvicinamento a una dieta priva di proteine animali. Forse ciò
sta accadendo perché con l’avvicinarsi della vecchiaia sento più intensamente
la fragilità del nostro passaggio sulla terra e per questo il desiderio di non
nuocere e di avere cura delle creature che incontro.
Il venire della sera
Esiste un
luogo sulla terra? Esiste
in fondo
al mare o sulle cime più
alte,
dove la mia mano non abbia
fatto
solo danni e soprusi? Sì, posso
dire di
sì, sui volti delle persone
amate ho
lasciato carezze e baci,
le ho
sostenute, ho aiutato quella
piccola
gatta tanto amata a partorire
i suoi
cuccioli. Esistono molti luoghi
sulla
terra dove la cura vince sulla
prevaricazione
e dove le nostre
parole
sono una culla di dolcezza
che
accompagna il venire della sera.
Voglio
riguardare questo documentario, restare sott’acqua e ascoltare solo onde e balene.
Esiste un luogo dove poter ricordare e tornare a ricordare, questa Cronaca 414
di lunedì 26 aprile del secondo anno senza Carnevale e la sua pagina non più
bianca.
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