venerdì 16 aprile 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/404. Cercare la gioia nell’alfabeto del mondo

  


La gioia dei bambini fuori da scuola è un termometro della normalità. Più implacabili di una sveglia, già dalle otto del mattino si affollano davanti all’ingresso e ridono, scherzano, si inseguono. I genitori hanno sempre visi tirati, vanno di fretta, si fermano solo nei bar a prendere un caffè nei tristi bicchierini di carta, in piedi davanti ai negozi, abbastanza distanziati. Le prove di vita quotidiana scivolano in un binario dove tutti vorremmo camminare, macché cambiati per sempre, tutti moriamo di tornare alla vita che facevamo prima della pandemia. O no? Il secondo binario è quello del virus che continua a fare il virus, cioè infettare il più alto numero di ospiti, replicarsi e mutare. Gli ospiti continuano a morire a centinaia ogni giorno qui da noi, a migliaia in altri paesi, come in Brasile. I numeri che ci vengono sciorinati ogni giorno soffrono di una distorsione temporale, e qualche volta anche con lo zampino degli umani che decidono di spalmare i deceduti per fare vedere che le cose stiano andando meglio di quanto non sia in realtà. Il terzo binario è quello dei vaccini, delle case farmaceutiche e dei piani vaccinali che non decollano. Terrore degli effetti collaterali, impegni presi maggiori rispetto alle effettive capacità di produzione, centinaia di migliaia di persone che non si prenotano o rimandano la vaccinazione perché non vogliono fare il vaccino che, sinora, ha avuto il più alto tasso di mortalità. I binari che ho brevemente descritto, ma ce ne sarebbero altri, corrono paralleli e risentono delle narrazioni mediatiche che ce li raccontano come se le cose fossero scollegate tra loro. La verità è il caos cui non riusciamo a dare né ordine né nome, e tutti continuiamo a navigare a vista. Ci sono poi persone come Natalia Aspesi, che sanno vivere nel presente e riescono a goderne anche se ha 92 anni e non sa quanto tempo le resti. È una donna formidabile lei ed è un esempio, per quanto mi riguarda, della capacità di avere cura di se stessi, un altro cammino all’interno dell’Alfabeto della Cura che tutti dovremmo intraprendere. Ha ragione lei, i tempi passati sono passati e lei non li rimpiange “perché non li ho perduti, li ho avuti. Non li ricordo ma ci sono stati e fanno parte anche del mio presente, di quello che sono”, come racconta a Mario Calabresi nell’intervista pubblicata oggi nel podcast Altre/Storie. Il tema della cura di sé è ancora più difficile da trattare di quello della cura degli altri e del mondo. Forse perché ci hanno insegnato, chi ha avuto un’educazione religiosa, che l’abnegazione e gli altri sono dei dettati morali che vengono prima di noi e delle nostre esigenze. Ma dimenticarsi di se stessi è nocivo quanto pensare solo a se stessi. Trovare l’equilibrio tra noi e il mondo è molto difficile, ma è anche il primo passo per imparare ad avere cura di noi stessi, anche con piccoli gesti e azioni nella vita quotidiana che diano un senso al nostro essere al mondo.

 

L’alfabeto del mondo parte con la lettera G

 

Raccolgo una piuma

azzurra, sembra che

il cielo sia stato strappato

e lasciato cadere proprio

per noi. Ritorno a casa,

preparo il caffè, scorro

l’alfabeto del mondo,

sfoglio la lettera G che

inizia con Gioia, la piuma

si agita, è passato quel

vento primaverile che

soffia da lontano, io

resto sospesa tra gli

spazi di questo mattino

e scrivo a voce bassa

queste parole.

 

 

Primo suggerimento dell’Alfabeto della Cura, che è strettamente connesso all’Alfabeto del Mondo: il mattino presto uscire a fare una passeggiata, raccogliere una piuma o un sasso o una foglia. Preparare il caffè, scrivere una poesia, un pensiero o una preghiera.

 

Questa è la Cronaca 404 di venerdì 16 aprile del secondo anno senza Carnevale, un giorno iniziato con gioia, termina con una gioia distesa che ci prepara al sonno notturno.

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