Sono nel
paesaggio come fossi vento, sto un passo indietro, trascino le nuvole, torno
indietro. Cambio punto di osservazione, mi fermo sulla soglia prima e sbircio
dentro, colgo i quieti gesti della vita quotidiana, esploro con lo sguardo gli
oggetti, con uno sguardo altrettanto indagatore loro mi rispondono. Dalla finestra
vedo e contemplo il mio albero bellissimo e le case sullo sfondo, una scuola,
un giardino. Dal giardino posso camminare sia verso il mare che respira
placido, sia verso il fiume che oggi è verde, sia verso le montagne e l’altipiano,
dipende dal passo, dipende dal desiderio.
L’incendio nella voce e il sogno negli occhi
All’improvviso
plano su una città
e poi
una via, un palazzo e il suo
cortile,
una stanza in penombra
che
prende luce, fioca e lattiginosa,
dalla sua
destra. Parla il poeta
nello
schermo e la voce è una nenia
di canti
lontani, tacciono e
ascoltano
i presenti e arrotolano
quei
quarantanove minuti come
i grani
di un rosario che renda
grazie
alla poesia. A un tratto
la voce
diventa una fiamma e
risplende
l’ulivo millenario nelle
parole
del poeta, l’unico luogo
dove
potremo vederlo, perché
in
questa terra non c’è più
redenzione.
Tace la voce e
le
immagini sfumano, si ritira
anche il
sonno, torna nella
notte e
dimentica i sogni bambini
dei
presenti. Il tempo è solo
un
cerchio che rotola nel grano.
Ho trascorso
ore di grande intensità e profondità con Fiammetta Palpati e gli amici e amiche
della Bottega di Narrazione, questa poesia nasce da un suo racconto e dalle
suggestioni che hanno tessuto le nostre ore comuni.
Questa è
la Cronaca 413 di domenica 25 aprile del secondo anno senza Carnevale.
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