Una scia infuocata che indica la strada
Si è
fermata accanto al camino
questa
colomba con le piume di
brace,
si riposa nel tepore mentre
continua
a bruciare perché è
una
fenice e non la messaggera
della
pace. Mi guarda con i suoi
occhi di
tizzoni ardenti, mi chiede
di
andarle vicino. “Ho completato
il
cerchio e tu con me. Ora diventerò
cenere e
tu il mio legno nuovo.
Quando
l’ultimo bagliore sarà spento
io
spiccherò il volo e tu prenderai
la forma
che più ti piace”. Dico che
vorrei
crederle, ma il mio legno è
troppo
fresco per bruciare, farà,
piuttosto,
molto fumo. Lei replica
che il
fumo esiste solo sopra un fuoco,
a me il
dovere di credere alla rinascita
o di
restare quella che sono. Anche
il
Cristo era una fenice, ha abbracciato
il fuoco
oscuro dell’eternità ed è
ritornato,
non importa cosa accadrà
dopo,
quel che importa è non avere
paura di
morire, di mutare e poi
ritornare.
Mentre non so più cosa
risponderle,
hanno preso fuoco
le mie
mani e le braccia sono
ali che
mi fanno spiccare in volo
seguita
da una scia infuocata che
indica
la strada all’alba di domani.
Pare che
il mutamento sia il destino nostro e di tutte le cose, gli atomi non stanno mai
fermi, non sorridono al tempo ma lo sbeffeggiano, perché è la loro danza a
costruire ogni cambiamento, è la loro danza a essere il nostro destino.
Ho ascoltato
la fenice che mi abita, mi sono lasciata trasportare nel fuoco e nel vento. Ora
che sono sull’orlo della notte, dovrò aspettare la luce del mattino per
scoprire la nuova forma e il colore di queste forma che abitano in questa
realtà.
Oggi è
lunedì 5 aprile del secondo anno senza Carnevale, e senza Pasqua. La città era
così silenziosa e vuota che sembrava disabitata da sempre. Questa Cronaca 393
nasce da un sogno e da questo silenzio, genitori della poesia che la abita dal
centro.
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