Silenzio, è mattino presto, cammina veloce, non fermarti a contare le foglie.
Veloce,
è mattino presto, stai nel silenzio, non fermarti a contare le nuvole.
La vita
nella città silenziosa è un elastico impazzito che ti fa oscillare tra il cielo
e le pozzanghere e non si riesce mai a fermarlo. Vaccini sì, vaccini no,
vaccini quando. Fai il lavoro giusto e ti vaccino, ma prima gli ottuagenari,
poi, dopo, dipende dalle consegne.
Eppure
in questo caos riusciamo a vivere, a prendere decisioni per il futuro, a
progettare vacanze. La zona disagiata, oggi, corrisponde alla città intera.
Quindi mi ritiro nella casa delle parole e cerco di reimpostare il respiro e il
passo. Ecco, va meglio, sento la cassa toracica che si espande, i muscoli
facciali tendono al sorriso, il cielo è sereno, è primavera, una primavera
fredda, ma pur sempre primavera. Quanti ricordi delle primavere passate, quanti
fiori, quanti ruscelli e quante nuvole, pioggia e vento. Si sta così bene fuori
che chiedo a Roxanne di venire a passeggio con me. Lei accetta e indossa un
mantello turchese sul vestito giallo zafferano che non le avevo mai visto.
Andiamo verso il mare o verso la montagna? Lei indica il mare con un cenno del
capo, così ci avviamo lungo il sentiero in discesa e sono contenta, perché
preferisco il rumore del mare a ogni altro suono, soprattutto in giornate come
questa dove sembra non accadere niente. E, invece, nel pomeriggio, chiacchiero
a lungo con nuove amiche e amici che raccontano di come hanno vissuto il primo
lockdown l’anno scorso e subito si crea un clima di intimità e confidenza,
anche se ci conosciamo solo da poche ore. Poi mi appiattisco a terra per una
lezione di metodo Feldenkrais e sento il peso del corpo come se tutte le nuvole
fossero scese sul mare e le giunture scricchiolano. Respiro, respiro e piano
sento che i nodi si sciolgono, che l’aria è fresca e che ho fatto bene a
prendere una copertina. Roxanne è rimasta a chiacchierare nella Casa delle Tre
Sorelle e dovrei decidermi a passare più tempo con i miei amici fidati in
questa terra ricca di immaginazione, dove le cose non accadono, semplicemente
sono. Adesso potrei soffermarmi a scrivere una lunga descrizione del cielo
sopra Milano, ma è un cielo di nuvole e vento e assomiglia solo a se stesso,
anche se qualche giorno fa un arcobaleno rotondo lo ha attraversato per un
tempo abbastanza lungo da essere immortalato in centinaia di fotografie. Amo gli
arcobaleni, ma non quelli rotondi, mi piacciono gli arcobaleni spezzati in due,
quelli con i colori più vividi e una durata infinitesimale.
La vita
è una collezione di piccoli spostamenti del cuore, di tazzine di porcellana
infrante e di una casa che profuma di buon tè e molta poesia. Ora che è buio posso sdraiarmi a letto,
ricominciare a leggere un libro ambientato negli anni Venti del secolo scorso,
dove Violet Trefusis cercava di vendicarsi dell’amore di Vita Sackville-West e
Virginia Woolf. Virginia è di sicuro una delle scrittrici più amate e citate. Chi
legge ancora Violet e Vita?
Seguita
dalle grida di uccelli notturni che non riesco a identificare, mi chiudo in
casa e conto i minuti, gli istanti e i frammenti. Poi non è vero che ho voglia
di leggere. Ho più voglia di scrivere e così tornerò alla scrivania a
raccontare la storia della bambina che diceva sempre di “no!”.
Questa è
la Cronaca 402 del secondo anno senza Carnevale e oggi è mercoledì 14 aprile. Notte
bella e sogni delicati, qualcuno diceva che noi sogniamo sempre, anche quando
siamo svegli. Ma io preferisco sognare quando dormo e immaginare quando sono
sveglia. Ma forse è la stessa cosa.
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