Andiamo a vedere – ho detto – adesso che la città è ancora silenziosa. Era luce da poco, ma non sono scesa per la luce, sono scesa per le rondini, ma in cielo non ce n’era ancora traccia. L’aria era fredda, ma ero ben coperta e avevo voglia di camminare. Ho fatto il mio solito zig zag tra le vie del quartiere e poi sono passata dal fornaio a comprare pane, focaccia e brioches. I primi odori della giornata, sono di cibo fresco e buono, la fragranza del pane appena sfornato mi mette una grande allegria. Dall’odore del pane penso che potrei riconoscere ogni città e paese dove mi sono fermata abbastanza da averlo comprato, perché il profumo del pane che sentiamo non è solo il profumo di quel momento, ma quello di tutto il pane che il forno ha cotto negli anni. Ricordi lontanissimi dei forni che ho visto nei due paesini dove sono nati i miei genitori, mi assaltano la memoria olfattiva e visiva, mi confortano anche, in qualche modo. I pani pugliesi e quelli calabresi sono talmente diversi per impasto, ore di lievitazione, forma e cottura che è inutile perdersi in disquisizioni. Sono pani solidi, pieni di mollica e gustosi, adatti per essere tagliati a fette e conditi con pomodori appena raccolti nell’orto, sale, olio e origano. Il loro gusto speciale è dato non solo dalla farina, ma anche dall’acqua e dall’aria, dalla terra in cui il grano è cresciuto. Ma mi devo accontentare di quel che mi passa il mio fornaio milanese, anzi i miei fornai, visto che nel quartiere ce ne sono diversi e gli acquisti li faccio a rotazione. Mi chiedo se siamo più una civiltà del pane o della pasta in questa fase storica di pandemia, domanda oziosa, con farina, pane, pasta e verdure, olio e sale si possono preparare banchetti squisiti. I panettieri e i bar, che sono chiusi, sono di solito i primi negozi ad aprire. Vorrei comprare anche dei pomodori, ma oggi non ho voglia di andare al mercato, non ho ancora finito di cucinare le verdure che ho comprato la settimana scorsa, anzi potrei andare a casa e cucinare prima di iniziare il lavoro quotidiano. Nell’androne e in cortile sento subito l’odore dei calcinacci dei negozi in ristrutturazione, guardo verso le ringhiere ed è tutta una fioritura anche qui, che meraviglia! Una volta in casa metto su il caffè, scartoccio la brioche, assaggio un pezzetto di focaccia ancora tiepida, mi accingo a sfogliare i giornali. Compro di rado quelli di carta ormai, ma a quelli digitali, anche grazie all’ottimo servizio delle biblioteche online, non rinuncio mai, sono una donna novecentesca, certe abitudini non si perdono. Dopo la colazione apro il frigorifero per decidere che verdure cucinare; oggi è il turno delle zucchine, otto magnifiche zucchine non troppo grandi che friggerò in padella con olio extra-vergine di oliva. Sono cresciuta in una casa dove nessun olio di semi era considerato commestibile, quindi, quando friggo uso solo quest’olio così profumato e saporito, buono con tutti e su tutti gli alimenti. Come per il pane, mi piace cambiare olio per saggiare le differenze tra le varie qualità e provenienze regionali. Alla fine vince quasi sempre un olio pugliese, ma gli olii italiani sono tutti magnifici. Mano a mano che le zucchine si dorano, le tolgo dall’olio bollente e le metto in un piatto fondo dove aggiungo via via un po’ di sale. Ho deciso che ne mangerò una parte a pranzo con le uova strapazzate, una parte condita con menta e aceto sarà la cena di questa sera e quelle restanti le farò in frittata, domani. Respiro a fondo i profumi che danzano in cucina, quello della menta grida “Estate! Estate!” e così danzo questo ballo per attirare la nuova stagione. Poi la giornata è passata, le uova con le zucchine erano squisite, i libri che sto leggendo interessanti, prendo un sacco di appunti anche per questa Cronaca, e anche per il romanzo che sto scrivendo, dove passeggio per Milano con uno dei protagonisti. Abbiamo esplorato Brera per lungo e per largo e adesso sembra che il ragazzino allampanato che mi accompagna nelle pagine, stia aspettando da me una rivelazione. Un ragazzo del secolo scorso, cresciuto e vissuto a Milano, un ragazzo che ama Milano quanto la amo io. Per questo è bello scrivere, perché scrivendo si diventa una sorta di archeologo delle anime, degli spiriti e dei vecchi palazzi. Non basterà una vita per raccontare tutto quello che sto scoprendo.
La Cronaca
396 di giovedì 8 aprile del secondo anno senza Carnevale, si chiude prima che
faccia sera e senza poesie, oggi mi accontento della poesia della vita
quotidiana e delle storie che mi aspettano nelle pagine ancora bianche.
Nessun commento:
Posta un commento