giovedì 24 giugno 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/473. Cercare la geometria nelle cose della natura e del mondo

 



 

 

Le notti erano sempre brevi nel mondo di Maria la Pisana, d’estate perché la luce vinceva e c’era sempre da fare intorno e dentro casa. D’inverno perché le cose da fare erano quasi tutte le stesse, ma faceva freddo e bisognava coprirsi bene prima di uscire. D’estate capitava spesso che l’altra Maria fosse già all’acquaro a lavare i suoi panni nell’acqua corrente, limpida e fresca. Quando si trovavano, nel silenzio dell’aria che ancora non stato interrotto dagli uccellini e dalle cicale, era sempre una festa. L’altra Maria aveva sempre i capelli raccolti ed entrava nell’acqua con degli stivaloni da pescatore quando ancora non era giorno, la Pisana preferiva entrarci a piedi nudi, si sentiva più a suo agio e libera. L’altra Maria lavava i panni di casa sua, le lenzuola, le tovaglie, gli asciugamani e i vestiti dei figli, della figlia e dei nipoti. Anche se il figlio più grande era già sposato, era andato a vivere nella casa accanto a quella di sua madre. Giulio aveva già due bambini, uno di un anno e l’altro di tre, e li lasciava spesso da sua madre che ci sapeva fare. Fu proprio quella mattina che alla Pisana venne in mente che l’altra Maria avrebbe potuto fare un piccolo asilo dove tenere i bambini delle donne che andavano a faticare nei campi e glielo disse. Maria la Grande, era il suo secondo soprannome, si fermò solo un attimo a riflettere ma l’idea la convinse subito. I bambini potevano stare con lei durante le faccende, avrebbe dato loro una buona colazione con il latte di vacca appena munto e i taralli del forno delle Pianette, i più buoni di tutti secondo lei e anche secondo la Pisana. Il rito del bucato condiviso, che non avveniva tutti i giorni, ma quasi, proseguiva per almeno quattro ore e poi, a seconda dell’istinto dell’altra Maria, finivano con il fare colazione o con una fresa conzata con aglio, olio e pomodori appena raccolti, o con una tazza di latte appena munto e un caffè forte fatto con la caffettiera napoletana e addolcito con molti cucchiai di zucchero di cui l’altra Maria era ghiotta. Quella mattina vinse il desiderio di dolcezza, non bisognava mai osteggiare quelle voglie, anche se non si era in stato interessante. I tre figli maschi di Maria erano già andati a mietere il grano con il padre e la femmina più piccola, insieme alla cugina, avevano ancora la fortuna di essere lasciate a dormire. Le bambine sarebbero state importanti per aiutarla con l’asilo e così le fece alzare per fare colazione con lei e la Pisana, Caterina di anni dodici e Concetta di anni dieci, cominciarono a saltare e cantare perché erano entusiaste della notizia, avrebbero lavorato, così sarebbero state grandi anche loro.

Le tazze del latte erano di porcellana bianca, di forma tonda ma mosse sull’esterno, come se ci fossero state delle onde. Il caffelatte era buonissimo, i taralli si inzuppavano alla perfezione e poi si scioglievano in bocca. Quando ebbero finito l’altra Maria chiese alla Pisana di aiutarla con l’orto perché c’erano molte cose da raccogliere e così, dopo avere reciso peperoni verdi, pomodori e melanzane con grande impegno, la Pisana se ne tornò a casa con un cesto stracolmo di verdura anche se non ne avrebbe avuto bisogno, visto che anche il suo orto era rigoglioso. Scrisse nel suo quaderno delle cose la numero mille e dieci, anche se la mille e nove ancora non l’aveva raccontata all’altra Maria. E già che c’era doveva anche scrivere la mille e undici che non sarebbe stato facile realizzare: andare al mare con l’altra Maria, sua figlia e sua nipote. Scritte che ebbe le cose nel quaderno delle cose, tornò fuori per scaricare dal somarello i cesti con la biancheria da stendere e andò ai fili stesi dietro casa. Avrebbe anche potuto lavare tutto lì, aveva il lavatoio e l’acqua corrente, ma il rito del bucato con la sua amica era qualcosa cui teneva molto e l’acqua del torrentello, che scendeva dalla montagna di Fagnano, lasciava un profumo diverso sui panni. Finito che ebbe di stendere tutti i panni e lisciato quelli che doveva stirare, la Pisana preparò una fresa conzata, che le era rimasta la gulia dalla mattina. Ci aveva strascicato sopra uno spicchio di aglio intero, tagliuzzato il pomodoro più grande e maturo e poi strascicato anche un ramo di origano selvaggio che aveva raccolto lei stessa sulle colline dietro casa. Così dopo pranzo scrisse la cosa mille e dodici che diceva la bontà della fresa conzata, mangiata così, sola, senza bisogno di altro.

Era arrivato il momento di stirare, perché poi sarebbe arrivato l’autista di donna Carmelina a ritirare tutti i vestiti e le cammarere li avrebbero portati a casa delle signore. Stirare le piaceva, le piaceva ridare forma e colori ai tessuti, quando ebbe finito erano quasi le cinque del pomeriggio e i pacchetti coi vestiti li preparò in poco, perché ormai era abituata. Dopo che l’autista aveva ritirato tutte le cose e le aveva lasciato la busta colle banconote, la Pisana poté sedersi davanti a casa, sotto il pergolato, a guardare le colline verso Roggiano, erano tutte uguali, punteggiate di querce e fichi, e quella loro geometria immobile l’avrebbe riprodotta anche nella sua tela del giorno. Ma prima scrisse la cosa mille e tredici: cercare la geometria nelle cose della natura e del mondo, un bel progetto! - scrisse tutta contenta la Pisana.

 

In questa sera d’estate continuo a scrivere le vicende di Maria la Pisana, chissà dove mi porteranno. Oggi è giovedì 24 giugno del secondo anno senza Carnevale e questa, stesa al vento con i panni freschi di bucato, è la Cronaca 473.

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